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La dipendenza da Internet può portare a problemi comportamentali, introversione, evasione dalla realtà e persino perdita del controllo. I punteggi più negativi nelle persone che utilizzano giochi e chat. La dipendenza da Internet, videogiochi e altri servizi tecnologici è reale è ha i suoi tipici sintomi.

Negli ultimi cinquant’anni anni si è visto un progressivo, quanto veloce, aumento della tecnologia. Possiamo dire che rispetto ai nostri nonni, o anche ai nostri genitori, abbiamo fatto passi da gigante. Nessuno ci potrà dire quanto ancora progredirà e fino a che punto arriveremo. Quello che è certo, è che le persone – soprattutto i giovani – stanno sviluppando un’inquietante tecno-dipendenza.

Per questo motivo, alcuni ricercatori del Duke University Medical Center si sono preoccupati di comprendere i meccanismi che stanno dietro la dipendenza da Internet, in particolare su un gruppo di studenti americani.
Durante la ricerca sono stati reclutati 69 soggetti che, inizialmente, hanno dovuto compilare un questionario chiamato IRPS (Internet-Related Problem Scale). L’IRPS ha lo scopo di misurare i livelli di problemi che una persona sviluppa in seguito a un utilizzo smodato di Internet. La scala di valori va da 0 a 200 e si tratta di una scala sviluppata al fine di comprendere i vari tipi di dipendenza. Tra questi vi erano un’eccessiva timidezza, introversione, agitazione interiore (brama di possedere), riluttanza o tolleranza nei confronti della vita e conseguenze negative.

Ma non è tutto, attraverso le varie indagini si è potuto constatare anche il livello di evasione dalla realtà (tipico dell’utilizzo di Internet), la perdita di controllo e la riduzione dei tempi in cui ci si dedica alle normali attività quotidiane.
Durante la ricerca, durata due mesi, agli studenti sono stati assegnati degli pseudonimi, al fine di evitare qualsiasi collegamento con la loro vera identità.
Il coordinatore dello studio, il dottor Sriram Chellappan, professore di psichiatria e scienze comportamentali al Duke University Medical Center, ha scoperto che la gamma dei punteggi IRP tra gli studenti volontari variava da 30 a 134 punti (nella scala di 200 punti). Mediamente, quindi, il punteggio si aggirava intorno a 75. L’utilizzo medio di Internet in questo lasso di tempo variava da circa 140 MegaBytes a 51, con una media di 7 GigaBytes.

Non tutti ovviamente utilizzavano Internet allo stesso modo. Alcuni chattavano; altri giocavano; altri ancora scaricavano dei file, posta elettronica o navigavano tra i vari Social Network, tra cui anche i famosi Facebook e Twitter.
A termine studio si è potuto constatare che la scala di valori fosse più alta nei soggetti che adoperavano più spesso videogiochi e chat, mentre era particolarmente ridotta nel caso in cui l’uso fosse quasi esclusivamente dedicato al download della posta elettronica o la visita ai vari social network.

FONTE: LA REPUBBLICA

Ha minacciato di diffondere via internet foto osè di due tredicenni se non avesse ricevuto da loro dei soldi. In realtà, probabilmente, quelle foto non esistono.

SAN MINIATO (PISA) - Ha minacciato di diffondere via internet foto osè di due tredicenni se non avesse ricevuto da loro dei soldi. In realtà, probabilmente, quelle foto non esistono ma le due ragazzine hanno comunque avvisato i loro genitori ed è scattata poi la trappola che ha permesso di arrestare un marocchino non ancora sedicenne per estorsione.

CONTATTO TRAMITE FACEBOOK - Il giovane aveva contattato le due conoscenti tramite Facebook minacciando di divulgare le loro foto intime se non lo avessero pagato: le ragazzine hanno raccontato tutto ai genitori e immediatamente è scattata la denuncia ai carabinieri. Quando le due adolescenti, nei giorni scorsi, si sono recate all'appuntamento con il marocchino c'erano anche i militari che lo hanno arrestato. Il provvedimento è stato convalidato dal tribunale per i minori di Firenze. Le due ragazzine negano di essersi fatte fotografare da lui e gli inquirenti non hanno sequestrato immagini, mentre hanno acquisito i messaggi sul web con la richiesta di denaro.

FONTE: CORRIERE DELLA SERA

Niente palestre, campetti, piste: gli adolescenti italiani preferiscono il divano, il joystick e la tastiera. L’associazione italiana di pediatria lancia l’allarme: i nostri ragazzi sono i più pigri d’Europa.

Già a 11 anni iniziano a disertare gli sport e a 15 meno di 1 adolescente su 2 pratica una attività sportiva continuativa, a 18 anni poco meno di 1 su 3. Insomma se prima l’età di allontanamento degli sport era verso i 15 anni, adesso scende di 4 anni e sempre più divani accolgono gli ex sportivi.

Il rischio che si corre però è grosso: dall’obesità alle malattie legate alla sedentarietà, l’unico modo per salvare gli adolescenti da un decadimento fisico è spronarli a fare attività fisica.

I teenager nostrani passano almeno 5 ore della loro giornata davanti uno schermo, che sia della tv, dello smartphone o del computer. Il tasso di sedentarietà degli adolescenti italiani è tre volte quello dei coetanei europei.

Alla fine, saranno i padri a continuare a giocare a calcetto mentre i figli resteranno seduti dietro una scrivania?

FONTE: SI24.it

Undici minorenni rinviati a giudizio per detenzione e diffusione di immagini pedopornografiche.

Sette ragazze e quattro ragazzi. Tutti tra i 14 e i 17 anni. Questa è stata la decisione presa dalla Procura dei Minori dell’Aquila che, il 30 agosto scorso, ha concluso le indagini preliminari circa la diffusione di una foto che ritraeva una ragazzina di 14 anni nuda, in bagno. Un’immagine sconvolgente che era stata divulgata dopo che la quattordicenne si era scattata da sola delle foto per poi inviarle a quello che sembra essere il suo ex ragazzo. Poi, però, la foto è finita su Facebook e inviata via Whatsapp. Una sorta di gioco pornografico, durato circa un anno e che ha coinvolto decine di ragazzini della Conca Peligna. Un’immagine che ha suscitato un vero e proprio «scandalo», visto lo scambio continuo tra i telefonini dei minorenni della foto che ritraeva la giovane nuda. Nella vicenda, è coinvolto anche un 25enne che, al momento, non risulta indagato. La storia ha avuto inizio nel gennaio scorso. La ragazza, oggi quindicenne, si era scattata delle foto da sola e, subito dopo, le aveva inviate tramite cellulare a due sole persone, considerate da lei degli amici. Un 17enne ed un 25enne. Ma quella foto, aveva scatenato, in uno dei due, almeno da quello che si vocifera, una voglia sfrenata di avere un rapporto sessuale con lei. Una vicenda che aveva lusingato la minore che si era sentita «voluta» a tutti i costi da alcuni ragazzi più grandi di lei. Forse, la ragazza, aveva pensato che quell’immagine sarebbe rimasta segreta ma ha dovuto scoprire che invece così non è stato. La foto, infatti, ha fatto il giro dei cellulari dei compagni di scuola, che in pochi minuti l’avevano condivisa tramite messaggini e su Facebook, addirittura, era stato aperto un profilo con uno pseudonimo, quello di Giorgina, da parte di una sua amica, allora sedicenne che, pubblicò la foto di lei nuda con una maschera sul volto. La ragazzina, durante l’interrogatorio davanti ai carabinieri di Sulmona qualche settimana dopo l’accaduto, si è giustificata dicendo «non pensavo che una foto inviata a due persone, che ritenevo amici, potesse scatenare tutto questo disastro». Un gioco, forse così lo avevano inteso i tanti amici di scuola che ha portato, 11 ragazzini, ad essere sotto inchiesta da parte della magistratura. I minori, quasi tutti di Sulmona, con due ragazze di Pratola Peligna e Bugnara e un giovane di Pettorano Sul Gizio sono stati accusati di divulgazione di materiale pedopornografico. Alcuni ragazzini, iscritti nel registro degli indagati avrebbero detto «Non sapevamo assolutamente che quello che stavamo facendo tramite Whatsapp fosse un reato, altrimenti non ci saremmo mai permessi. Volevamo giocare, nulla di più. Invece abbiamo scatenato delle reazioni che mai ci saremmo aspettati». Al momento i giovani, hanno due settimane di tempo per giustificare il loro gesto, attraverso le memorie difensive presentate dai rispettivi legali, così come previsto dal codice di Procedura Penale.

FONTE: IL TEMPO 19 settembre 2013

Duecentocinquanta euro. E’ la cifra che separa una studentessa novarese, accusata di aver detto «stronzo» a un professore su Facebook, dal ritiro della querela da parte dell’ex insegnante. 

Per molti potrebbe sembrare una cifra irrisoria, ma per lei non è così: «Lui vuole 500 euro. Io, però, lavoro part time e non posso permettermi una somma così alta, quasi pari a uno stipendio mensile. Sono disposta a pagare la metà, 250 euro». 

Una trattativa non facile, dunque. L’altro ieri, all’udienza del processo che vede Sara S. imputata di diffamazione aggravata assieme alla compagna Gaia R., il giudice ha concesso un altro rinvio per vedere se nel giro di qualche settimana le parti in causa possano trovare un accordo che soddisfi tutti.  

Intanto il professore ha ritirato la costituzione di parte civile: se entro gennaio non verrà risarcito con mille euro (500 per ognuna delle ex allieve) intraprenderà le vie civili per ottenere un risarcimento del danno, mentre il processo penale farà il suo corso. Se invece le due ragazze pagheranno quanto chiesto, la vicenda sarà chiusa. Lui ritirerà la querela.  

Studentesse a processo per insulti su FacebookE’ bastata una sola parola, scritta su uno dei social network più utilizzato fra i giovani, a far rischiare alle studentesse oggi ventenni una condanna da 6 mesi a 3 anni di reclusione o, in alternativa, la multa non inferiore a 516 euro.  

Tanto è previsto per la diffamazione su Facebook, che la giurisprudenza considera aggravata ed equiparabile a quella «a mezzo stampa» vista la diffusione incontrollata dei messaggi che compaiono in rete.  

All’epoca dei fatti, tre anni fa, le imputate frequentavano il liceo artistico di Novara. Era stato creato in Facebook un «gruppo» degli allievi con lo scopo, in genere proprio dei social network, di ritrovare vecchi amici, mantenere i contatti.  

Un giorno uno aveva lanciato invitando gli ex compagni a indicare chi fosse il professore più odiato. Era risultato il sessantenne che oggi le accusa. L’avevano definito «stronzo». L’interessato aveva fatto partire l’esposto in Procura.

FONTE: LA STAMPA (Leggi l'articolo completo qui.)

Un 19enne monzese condannato a Milano dopo aver chiesto una "prova d'amore" alla ragazza che si era infatuata di lui. Alla famiglia andranno 100mila euro: "Nostra figlia è stata linciata sulla pubblica piazza".

Le aveva chiesto di fare qualcosa di "speciale" per dimostrargli il suo amore. Di inviargli tramite Whatsapp alcune foto e un video osè, poi finiti isu Facebook e YouTube e girati tra gli amici e conoscenti della Monza bene. Con lei, 14 anni, che è stata presa in giro, umiliata e insultata e lui, il 'bello' della scuola, più grande di cinque anni, che è stato condannato a due anni e otto mesi di carcere e 11mila euro di multa per aver indotto la ragazzina alla produzione di materiale pornografico e per averlo diffuso.

La vicenda per cui il 19enne monzese è stato processato con rito abbreviato dal gup milanese Claudio Castelli, che ha anche disposto un risarcimento di 100mila euro a favore della ragazza, è cominciata l'inverno dell'anno scorso. La minorenne, con una cotta per il suo compagno di scuola, il più corteggiato, aveva accettato la proposta di lui: mandargli con il suo smartphone, come una sorta di "prova d'amore", alcune foto in slip e calze nere, con la promessa che le avrebbe tenute per sé sul suo cellulare. Invece le fotografie in un baleno vengono girate agli amici e ai compagni per poi essere postate su su Facebook. Subito i commenti senza pietà, le cattiverie e gli sfottò della community nei confronti dell'adolescente. Che però ci ricasca.

Il ragazzo, dopo essere sparito per qualche giorno, fa in modo di essere ricontattato. Questa volta alza il tiro e le chiede, come dimostrazione del suo amore, un video in atteggiamenti intimi, assicurandole che mai sarebbe circolato. Lei, sconcertata, si confida con un amico comune - un minorenne figlio di un noto personaggio del mondo dello spettacolo, ora sotto inchiesta con un coetaneo - che la convince, come è stato riferito, spiegandole di dover fare "qualcosa di speciale perché noi delle suore siamo stufi". Il risultato? Il filmato è apparso su YouTube per qualche ora (ovviamente è stato oscurato), la 14enne additata da tutti, insultata e i commenti si fanno più pesanti.

La giovanissima non ce la fa più e racconta tutto ai genitori, che tramite gli avvocati Roberta Succi e Francesco Laratta sporgono denuncia. Da qui le indagini a la condanna. "Abbiamo sempre camminato a testa alta - ha spiegato la madre della adolescente - ma le reazioni attorno alla famiglia e mia figlia sono state davvero assurde. Ancora oggi ci imbrattano i muri e hanno modificato con frammenti di quelle immaginiun video in cui mia figlia canta. Una cattiveria inaudita".

FONTE: LA REPUBBLICA 16-11-2013 (Leggi articolo completo)