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Novità in tema di diffamazione sui Social

La diffamazione, disciplinata dall’art. 595 del codice penale, è un delitto che trova una delle sue manifestazioni più quotidiane sui social network.
Abbiamo già affrontato il tema agli albori dei sui sviluppi quando la Corte di Cassazione, per la prima volta, aveva previsto la realizzazione di questo reato su facebook (www.massere.it/pericoli/135-la-diffamazione-sbarca-su-facebook.html).  

Vediamo come si è evoluto il tema.

Partiamo da un dato: se nel 2015 il reato di diffamazione sui social network era la novità, oggi il mondo internet è il terreno più fertile per la realizzazione di questo delitto.
Basta fare una rapida ricerca per accorgersi che le sentenze in materia sono numerosissime e riguardano diversi argomenti.

Cosa si intende per diffamazione?

L’art. 595 del c.p. recita:

Chiunque (…) comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.

Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.

Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.

Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate

La diffamazione è un delitto contro l’onore che si realizza quando una persona, comunicando con più soggetti, offende la reputazione altrui.
Il soggetto non deve essere presente fisicamente, altrimenti si cadrebbe nella diversa ipotesi dell’ingiuria (oggi depenalizzata).

Se l’offesa alla reputazione avviene attribuendo un fatto specifico (per esempio Tizio, imprenditore di arredo casalingo, usa materiale di seconda mano e di provenienza dal terzo mondo per la realizzazione delle sue mensole) si ha un’aggravante che comporta l’aumento della pena.
Per molti giudici, la diffamazione su Facebook può essere ricondotta alla diffamazione con qualsiasi altro mezzo di pubblicità (data la moltitudine, potenzialmente illimitata, di persone raggiungibili) e dunque suscettibile di una diversa e ulteriore aggravante.


Ho selezionato alcune sentenze (dal 2015 al 2018), cercando di evidenziare le decisioni consolidate dei nostri giudici:

Cassazione penale, sez. V, 23/01/2017,  n. 8482
La pubblicazione di un messaggio diffamatorio sulla bacheca Facebookcon l'attribuzione di un fatto determinato configura il reato di cui all'art. 595, commi 2 e 3,c.p.

Cassazione penale, sez. I, 02/12/2016,  n. 50
La diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l'uso di una bacheca "facebook" integra un'ipotesi di diffamazioneaggravata ai sensi dell'art. 595 terzo comma c.p., poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone; l'aggravante dell'uso di un mezzo di pubblicità, nel reato di diffamazione, trova, infatti, la sua ratio nell'idoneità del mezzo utilizzato a coinvolgere e raggiungere una vasta platea di soggetti, ampliando - e aggravando - in tal modo la capacità diffusiva del messaggio lesivo della reputazione della persona offesa, come si verifica ordinariamente attraverso le bacheche dei social network, destinate per comune esperienza ad essere consultate da un numero potenzialmente indeterminato di persone, secondo la logica e la funzione propria dello strumento di comunicazione e condivisione telematica, che è quella di incentivare la frequentazione della bacheca da parte degli utenti, allargandone il numero a uno spettro di persone sempre più esteso, attratte dal relativo effetto socializzante 

Cassazione penale, sez. V, 14/11/2016,  n. 4873
Ove taluno abbia pubblicato sul proprio profilo Facebookun testo con cui offendeva la reputazione di una persona, attribuendole un fatto determinato, sono applicabili le circostanze aggravanti dell'attribuzione di un fatto determinato e dell'offesa recata con un qualsiasi mezzo di pubblicità, ma non quella operante nell'ipotesi di diffamazionecommessa col mezzo della stampa, consistente nell'attribuzione di un fatto determinato

Cassazione penale, sez. V, 19/10/2017,  n. 101
Si configura il reato di diffamazionea mezzo di strumenti telematici se i commenti diffamatori, pubblicati tramite post sul social network Facebook, possono, pur in assenza dell'indicazione di nomi, riferirsi oggettivamente ad una specifica persona, anche se tali commenti siano di fatto indirizzati verso i suoi familiari. 

Cassazione civile, sez. lav., 27/04/2018,  n. 10280
La condotta di postare un commento sufacebookrealizzala pubblicizzazione e la diffusione di esso, per la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone, comunque, apprezzabile per composizione numerica, con la conseguenza che, se, lo stesso è offensivo nei riguardi di persone facilmente individuabili, la relativa condotta integra gli estremi della diffamazione. 

Tribunale Pescara, 05/03/2018,  n. 652
Il reato di diffamazionea mezzo social network (Facebook) è integrato anche quando la vittima può essere individuata da una serie concordante di elementi indiziari, pur non essendo mai esplicitamente indicato il suo nome, gli stessi elementi che possono consentire di individuarlo come bersaglio anche ad altri frequentatori del social network su cui i post vengono pubblicati. Ovviamente, quando la vittima non è un personaggio famoso, si tratta di una cerchia di persone limitata a coloro che per motivi personali o di lavoro sono a conoscenza dei particolari della sua vita privata (ad esempio, l'occupazione lavorativa, il giorno del compleanno, la motocicletta posseduta). Tuttavia, si tratta di un ambito quantitativamente apprezzabile ed ampiamente sufficiente ad integrare l'elemento oggettivo del reato di diffamazione, il che vale a configurare anche l'ipotesi aggravata di cui al comma terzo dell'art. 595 c.p. poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone.

Cassazione penale, sez. V, 13/07/2015,  n. 8328
La condotta di postare un commento sulla bacheca Facebookrealizza la pubblicizzazione e la diffusione di esso, per la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone, comunque, apprezzabile per composizione numerica, sicché, se tale commento ha carattere offensivo, la relativa condotta rientra nella tipizzazione codicistica descritta dall'art. 595 c.p.

In conclusione, è possibile integrare il reato di diffamazione su Facebook e sui diversi social network, dunque ogni commento e post deve essere predisposto con la massima attenzione, evitando reazioni “sconsiderate” e lesive.

Ogni post, data la moltitudine di persone che possono visionarlo, può essere paragonato ad una scritta gigante e firmata dal suo autore, collocata nel centro storico di una città affollata…. vale la pena rischiare?


Autore:
Matteo Meroni
Responsabile tematiche legali