Durante uno degli ultimi incontri con i genitori delle scuole si è riflettuto su come generalmente ci si focalizzi solamente sulla figura della vittima di bullismo e mai sul bullo. Si fanno riflessioni e ricerche sulle caratteristiche della vittima prototipica, delle conseguenze dopo gli episodi e così via ma poco ci si sofferma sul chiedersi chi è il bullo? Che caratteristiche ha? Come si può lavorare con e su di lui in ottica sia preventiva che “riparativa”?
Una riflessione iniziale su questo tema e osservabile sia per il bullismo che per il cyberbullismo, può essere fatta rispetto a due componenti che riguardano ognuno di noi e che in fase di crescita del ragazzo giocano un ruolo fondamentale nelle scelte e negli investimenti su di sé: autostima e concetto di sé.
L’autostima è il valore che noi attribuiamo a noi stessi, alle nostre capacità; il concetto di sé è l’idea, la percezione di noi nei diversi ambiti di vita.
Autostima e immagine di sé quindi influenzano le scelte che facciamo, i comportamenti che abbiamo, gli investimenti che attiviamo su di noi. Diverse ricerche in campo psicologico mostrano come un basso livello di autostima e un concetto di sé negativo portino a sensazioni di inefficacia, inadeguatezza e disinvestimento su di sé. Dal punto di vista opposto un alto livello di autostima e un concetto positivo di sé portano a un maggior investimento e progettualizzazione rispetto a sé e alle proprie capacità.
Relativamente alla relazione tra questi aspetti e il bullismo, i dati forniti dalla letteratura appaiono ancora contraddittori.
Da alcune ricerche emerge come i bulli abbiano un’autostima più alta della media presentando una buona capacità di gestire facilmente i conflitti e le pressioni negative riuscendo così a coinvolgere dei seguaci nelle loro azioni di prepotenza (Menesini, 2000).
Altre ricerche invece portano a risultati leggermente differenti constatando come i ragazzi che usano condotte aggressive non abbiano un’autostima più elevata degli altri ma proprio attraverso queste condotte sperimentino il senso di efficacia: popolarità, potere, ammirazione e attenzione migliorano la loro immagine di sé aumentando quindi il livello di autostima (Marsh e all, 2001). A tal proposito uno studio condotto da Caravita e Di Blasio ha evidenziato che solitamente i bulli sono e pensano di essere dei soggetti “popolari” e “temuti”, e ciò ha portato le autrici a ipotizzare che la popolarità potrebbe condurre ad un innalzamento dell’autostima e all’adozione di condotte aggressive, in quanto il soggetto non avrebbe alcun timore di confrontarsi o di essere sanzionato dal gruppo di pari (Caravita, Di Blasio, 2009). I bambini aggressivi (bulli inclusi) tendono a sovrastimare le proprie competenze, e i bambini che sovrastimano la loro accettazione sociale sono spesso quelli più nominati dai loro pari come aggressivi.
Articolo di riferimento: AUTOSTIMA: CHE RUOLO GIOCA NELLE CONDOTTE DI BULLISMO?
ID Articolo: 120699 - 04 maggio 2016. www.stateofmind.it
Autore: Dott.ssa Sedini Stefania