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Amanda, 15 anni: un suicidio scuote la Rete [La Stampa]

Canada, derisa per una foto osé su Facebook. In un video la sua ricerca di aiuto.

Cyberbullismo - Il caso Amanda ToddAmanda Todd aveva 15 anni. Si è tolta la vita a causa del cyberbullismo dei coetanei e lascia come sconvolgente testimonianza delle violenze subite un video di 10 minuti su Youtube nel quale racconta l’incubo che l’ha travolta.  

Nelle immagini Amanda, un’adolescente canadese, si affida a bigliettini scritti a mano, con il pennarello, per indicare le singole tappe di quanto avvenuto. Tutto inizia quando uno sconosciuto la contatta su Internet, le chiede di mostrare il seno, lei commette l’errore di accettare e lui, a sua insaputa, la fotografa.  

Per oltre un anno non avviene nulla, lei quasi si dimentica dell’episodio. Poi, improvvisamente, il misterioso individuo si fa vivo creando una pagina su Facebook dove la foto dei profilo è proprio quella dei suoi seni.

Lei lo viene a sapere dai compagni di classe della scuola di Coquitlam Alternate Basic Education di Coquitlam, che frequenta nei pressi di Vancouver, perché ogni suo amico è stato avvertito via Internet dal misterioso individuo, che sembra conoscere tutto di Amanda: l’indirizzo di casa, i nomi dei genitori, gli orari in cui va e torna da scuola. La foto del suo seno è ovunque, la perseguita e a scuola compagni di classe e coetanei iniziano a insultarla, disprezzarla, offenderla.  

CyberbullismoQuando entra in classe le presunte amiche del cuore reagiscono simulando conati di vomito. C’è chi la spinge, chi la chiama con gli insulti peggiori. «Non piacevo più a nessuno» spiega un foglietto. Amanda è sotto assedio ma un giorno sembra esserci una via d’uscita perché un ragazzo le si avvicina, la corteggia. Le dice di aver già una fidanzata ma lei accetta di andare con lui fuori. Fanno sesso, lei crede che lui le voglia bene ma all’uscita di scuola si trova davanti a una folla di cinquanta ragazzi, c’è anche lui e la fidanzata di lui. Le gridano contro, c’è chi la colpisce e lei cade in terra, dove resta, sconvolta, fino a quando il padre non arriva a soccorrerla. La reazione è un tentato suicidio in casa, ingoiando del detersivo. L’autoambulanza arriva in tempo, in ospedale la salvano ma non fa a tempo a tornare a casa che su Facebook l’anonimo torna a farsi vivo.  

Questa volta pubblica online la foto del detersivo, linkandola alla pagina di Amanda. Le foto che la perseguitano sono diventate due e Amanda non può far nulla per distruggerla. Fra i commenti su Facebook c’è chi scrive «doveva usare un detersivo differente» e chi aggiunge «spero che la prossima volta muoia davvero e non sia così stupida». Amanda cede alla depressione, è vittima di un’ansia incontenibile. Inizia a bere alcol, fa uso di stupefacenti. Poi va in riabilitazione ma non serve a liberarsi dall’incubo. Come non serve la scelta della madre, Pam Murchinson, di toglierla da quella scuola e trasferirsi altrove, perché l’anonimo molestatore continua a inseguirla sul web.  

Il dilagare della foto a seni nudi porta addirittura la polizia a bussare a casa alle 4 del mattino, non per proteggerla ma per sapere cosa ha combinato. «Piangevo ogni notte, ho perso ogni amico e ogni tipo di rispetto» scrive in un altro biglietto che mostra alla telecamera. In quello successivo dice che «sta male» a causa di quanto sta avvenendo. «Non ho nessuno, ho bisogno di qualcuno» si legge in uno degli ultimi bigliettini del video, postato su YouTube il 7 settembre.  

CyberbullismoMercoledì scorso Amanda Todd si è uccisa e la madre ha chiesto a YouTube di non togliere il video dal Web affinché rimanga come testimonianza contro la piaga contemporanea del cyberbullismo che, secondo il «Canadian Medical Association Journal», è la seconda causa di morte tra i giovani canadesi fra i 10 e i 19 anni, con una percentuale in crescita fra le ragazze. La scuola ha reagito alla morte chiudendosi a riccio mentre il distretto scolastico dove si trova Coquitlam si limita a dire che «il cyberbullismo è una preoccupazione per tutti e i social media aggiungono elementi di pericolo». Intanto il misterioso molestatore resta in libertà, dopo aver portato a compimento la spietata cyber-persecuzione che lo ha trasformato a tutti gli effetti in un killer. 

Fonte: La Stampa [15-10-2012] MAURIZIO MOLINARI