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SHARENTING, di cosa si tratta?

Con il termine “SHARENTING” si intende quel fenomeno di  condivisione online costante da parte dei genitori di contenuti come foto, video, storie che riguardano i propri figli/e.

Il termine deriva dagli Stati Uniti, dalle parole inglesi “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità), anche se bisognerebbe utilizzare il termine “over-sharenting”, ovvero l’eccessiva e costante sovraesposizione online di bambini/e. Nella maggior parte dei casi questa esposizione avviene senza il loro consenso, perché troppo piccoli oppure perché il consenso non viene richiesto.

Naturalmente l'eccessiva divulgazione di informazioni (testi ed immagini) non coinvolge esclusivamente i genitori, ma anche parenti (nonni, zii) e amici, amplificandone la diffusione e relativa perdita di controllo sui contenuti.

Quali aspetti dobbiamo analizzare?

La pubblicazione ripetitiva dovrebbe farci riflette su:

  • Violazione della PRIVACY e della riservatezza dei dati personali (a volte anche sensibili); La privacy è un diritto non solo degli adulti, ma anche per i bambini/e, come sancito anche dalla Convenzione dei diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza e più recentemente dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR).
  • Impatto psicologico che essere continuamente esposti sul web alla curiosità e al giudizio degli altri, anche quando questi “altri” (anche se amici e parenti), può provocare nel bambino/ragazzo.
    Quando il figlio sarà cresciuto comprendendo meglio il web, scrollando i profili dei genitori, potrebbe avere l’impressione di visitare una vera e propria esibizione con protagonisti i propri scatti (anche quelli più intimi).
    Occorre poi tener conto che per gli adolescenti la costruzione dell'identità passa attraverso la relazione sia con sé stessi e il proprio corpo sia con l'altro attraverso la relazione, il confronto sociale e il giudizio esterno. Questo  sono i motori dei social su cui vengono pubblicate le foto e che possono quindi andare a impattare sulla crescita e l'evoluzione del ragazzo con un accentuarsi di emozioni come senso di inadeguatezza, vergogna, imbarazzo.
    Esistono studi sul tema dai quali emergono che 4 ragazzi (tra i 12 e 17 anni) provano imbarazzo sulle foto pubblicate in rete dai genitori considendola una mancanza di rispetto.
    Interessante lo Spot dal titolo "Stop Sharenting" che Unicef ha pubblicato in sensibilizzazione
  • Rischio di GROOMING (adescamento): come riportato durante i nostri incontri sia con alunni che genitori, i dati sensibili come le passioni, lo sport frequentato, la scuola, le abitudini sono tutto materiale utile nei processi di avvicinamento e adescamento online (web scraping).
  • Mancata tutela dell’immagine del bambino/a, l'identità digitale ha effetti concreti e reali sul futuro dei propri figli/e, considerando la permanenza dei contenuti online e la possibilità di essere a disposizione di chiunque.
  • Rischio di diffondere materiali pedopornografici: spesso ingenuamente si pubblicano/condividono foto o video innocenti ma intime. Sono sempre più casi segnalati alla polizia postale in cui la semplice foto del figlio, scaricata ed editata (manipolata) attraverso semplici programmi per foto, vengono trasformate in materiale pedopornografico. Vengono segnalati dalla poliza postale anche la pubblicazione in gruppi di WhatsApp creati da genitori condividono foto di dettagli del corpo nudo (es. malattie, infezioni, ferite ecc).

Quali sono i consigli?

Ma perchè lo si fa?

Spesso parlando con i ragazzi nelle scuole ci troviamo di fronte alla necessità di popolarità, alla ricerca del like, dell'interazione online. questa forma di narcisismo è presente anche nei genitori.
Nei genitori spesso è più legata ad una dimostrazione d’orgoglio che alla scelta di far risaltare gli aspetti più brillanti, più perfetti, della propria esistenza tipico nei ragazzi.

E la Legge?

L’Autorità garante ha condiviso una proposta che è stata fatta propria dal Tavolo tecnico sulla tutela dei diritti dei minori in rete nel contesto dei social network presso il Ministero della Giustizia e che l’Agia ha formulato espressamente a proposito del fenomeno dei baby influencer.
Si tratta dell’estensione di una disposizione (già contenuta nella legge sul cyberbullismo), che consentirebbe al minorenne di ottenere la rimozione delle immagini condivise, in questo caso, dai genitori o da altri congiunti.
Dai 14 anni in poi il ragazzo o la ragazza possa chiedere direttamente alle piattaforme, e senza l’intervento di adulti, la rimozione di contenuti che ritengano lesivi della loro personalità.

Di seguito vediamo alcuni sentenze del Tribunale in tema di pubblicazione immagini/video da parte dei genitori:

  • Tribunale di Roma: rimozioni delle immagini e sanzione pecuniaria
    Con l’ordinanza del 23 dicembre 2017 (procedimento 39913/2015) il Tribunale di Roma ha stabilito che il giudice può ordinare la rimozione di immagini del figlio minore nonché il pagamento di una somma in denaro in favore del figlio stesso perché è un illecito.
    È un’ordinanza senza precedenti in Italia che introduce un principio di diritto significativo a tutela dei minori mettendo in guardia i genitori che pubblicano foto dei figli minorenni sui social network.
    Il caso preso in esame è quello di un sedicenne che ha chiesto di essere tutelato dalla madre, la quale pubblicava online troppi post e commenti su di lui. Il ragazzo ha mostrato all’assistente sociale schermate di alcuni post pubblicati dalla madre sui social con tanto di foto e dettagli su affari personali. Ha espresso il proprio disagio davanti al giudice. Il Tribunale di Roma ha condannato la madre a rimuovere i contenuti riguardanti il figlio minorenne ed a pagare 10.000 euro al figlio stesso (tramite il tutore) ed al marito in caso di inosservanza dell’ordine di rimozione o del divieto di successivi post.
  • Tribunale di Mantova: vietato pubblicare su Facebook ed altri social network
    In data 19 settembre 2017 il Tribunale di Mantova ha ordinato a una madre di non pubblicare foto online dei figli e di rimuovere quelle già postate.
    Ha motivato la sentenza spiegando che la pubblicazione sui social di minori potrebbe comprometterli. Diffondendo le immagini fra un numero indeterminato di persone (più o meno conosciute), queste persone possono essere malintenzionate e tentare di avvicinarsi ai bambini dopo averli visti in foto sui social.
    Grazie a questa sentenza il tribunale di Mantova ha vietato di pubblicare foto dei figli minori su Facebook. Separati e divorziati, da quel momento, hanno dovuto sottoscrivere a Mantova questo preciso impegno per l’affidamento dei figli minori.
    Il modello del Tribunale di Mantova vieta espressamente ai genitori di pubblicare foto dei figli sul profilo Facebook e su ogni altro social network ordinando l’immediata rimozione di quelle esistenti. Questa sentenza rappresenta un primo riconoscimento importante della cosiddetta baby web reputation, una vittoria per i minori che, a partire dall’ordinanza del 19 settembre 2017, sono protetti da una prassi giudiziaria che rafforza la tutela della loro vita privata e sicurezza. Attraverso un divieto questa ordinanza vuole mettere in guardia gli stessi genitori sui pericoli sotterranei della rete, dalla pedopornografia al cyberbullismo.
    Come spesso segnalato dagli organi di Polizia postale, le foto che circolano liberamente sui social network potrebbero anche essere modificate al fine di ricavarne materiale pedopornografico da far circolare tra gli interessati.
  • Tribunale di Ravenna: non è sufficiente il consenso di un solo genitore
    Il Tribunale di Ravenna, con sentenza 1038 del 15 ottobre 2019, ha stabilito che non è sufficiente il consenso di un solo genitore per autorizzare la pubblicazione sul web di foto dei figli minorenni, anche se si tratta di coniugi separati e se i figli sono in regime di affido condiviso.
    Il caso esaminato riguarda una bimba di 3 anni che ha partecipato ad un evento organizzato. Accompagnata sul palco dalla madre, aveva sfilato in costume da bagno. In seguito, la madre ha pubblicato sul suo profilo Facebook immagini della serata, tra cui foto della bimba ben visibile e riconoscibile. Il padre della bambina (separato con affido condiviso della figlia) si era opposto alla pubblicazione delle foto contestando il fatto che il suo consenso non era stato richiesto. Perciò, ha chiesto il risarcimento per i danni subiti.
    Il Tribunale di Ravenna ha riconosciuto l’illecita pubblicazione senza il consenso del padre, ma ha negato all’uomo il risarcimento in quanto era presente alla sfilata e, in quell’occasione, non si era di certo opposto.
  • Pubblicazione sul web di immagini del figlio minore: disposizioni di altri Tribunali in Italia
    La sentenza 94 del 30 gennaio 2013 del Tribunale di Livorno ha ordinato la disattivazione di un profilo Facebook aperto a nome della figlia minore con eliminazione delle foto della figlia dal profilo e dalla pagina Facebook della madre.
    La sentenza n. 2610/2017 del Tribunale di Brescia ha disposto un doppio divieto per i genitori separati: pubblicare foto della figlia minore su blog e social ed usarne le immagini per il profilo su WhatsApp o applicazioni simili.
    Il divieto di pubblicare sul web immagini dei figli minori vale anche nel caso in cui a postarle sia il/la nuovo/a compagno/a di uno dei due coniugi, quando manca il consenso dell’altro soggetto che esercita la potestà genitoriale. L’ha stabilito la sentenza del Tribunale di Rieti del 7 marzo 2019, che ha condannato la nuova compagna del padre al pagamento di 50 euro per ogni giorno di ritardo nella rimozione delle immagini pubblicate o per ogni pubblicazione successiva non autorizzata.

Fonte: avvocatocali.it (https://www.avvocatocali.it/pubblicazione-sul-web-di-immagini-del-figlio-minore-e-genitori-separati-a-chi-spetta-decidere/)

E se lo SHARENTING avesse scopi commerciali?

Discorso a parte lo fanno mamme e papà influencer che sovraespongono la figura dei propri figli sul web a scopo di lucro e per migliorare la propria "brand reputation" nei confronti dei followers.
Alcuni di essi aprono già un profilo social per loro. Alcuni paesi stanno finalmente iniziando a muoversi sul tema dell'immagine dei minori dal punto di vista finanziario.
Sebbene non tutti i figli dei vip su Instagram abbiano un profilo, questi vengono seguiti tramite gli account dei genitori. Like, condivisioni e commenti, quando è presente il piccolo, crescono in maniera tanto rapida quanto esponenziale. Se poi la foto viene utilizzata per sponsorizzare marchi, prodotti o servizi, assistiamo alla nascita di un vero e proprio baby influencer o kids influencer.
Con logiche differenti basate sui Social, Instagram e Youtube ne fanno i principali canali. Qualche esempio?

  • Leone Maria Ferragni: il piccolo di casa Ferragnez non ha un account personale, ma è costantemente ripreso e fotografato dai genitori nei loro profili Instagram personali e le sue immagini sono cliccatissime.
  • Nathan Leone Di Vaio, figlio del fashion blogger da oltre 6,1 milioni di follower Mariano Di Vaio, ha un profilo Instagram verificato personale da 234mila follower. Il profilo è stato aperto il giorno della sua nascita, il 26 novembre 2016, ed è diventato un vero e proprio album di famiglia. Suo fratello Liam ha anche lui un account personale nello stesso stile di Nathan e al momento raccoglie 50mila follower.
  • Ryan ToysReview, equiparabile a una star del pop con i suoi oltre 19 milioni di iscritti al canale Youtube, Ryan recensisce giochi e giocattoli.
  • Ameli TVIT con oltre 2 milioni di iscritti. Nei suoi video apre uova di pasqua, racconta la sua quotidianità e spesso è affiancata dalla mamma.
  • Silvia & Kids con quasi 500mila iscritti e migliaia di visualizzazioni (alcuni superano i 3 milioni). Nei suoi video si nota un utilizzo evoluto con i brand, che la coinvolgono o la fanno partecipare a eventi in anteprima.
  • Canale Nikita con più di 400mila iscritti. Il piccolo Nikita di nove anni filma tutto ciò che lo incuriosisce e diverte: nel canale si trovano sfide, unboxing, vlog e video divertenti con i suoi cani.

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