«La creatura si è fotografata proprio lì, con il nuovo smartphone che gli ha regalato il nonno e ha mandato la foto a una sua amichetta, una compagna di scuola. Eh che tempi...da non crederci...però che si potrà mai fare? Noi genitori dobbiamo rispettare la sua piccola privacy, vero?». E invece no, non dovete rispettare un bel niente: è il consiglio controtendenza, quasi un’intimazione, che Claire Perry, 48 anni, parlamentare conservatrice, madre di tre figli, appena nominata consigliera del premier britannico Cameron per «la prevenzione dello sfruttamento sessuale e commerciale della gioventù», fa nella sua prima intervista al Daily Mail.
La Perry sostiene che in un mondo dove i ragazzini sono circondati da ogni tipo di pericoli online, i genitori dovrebbero sbarazzarsi della “stravagante” idea che i loro figli abbiano il diritto di tenere segreti i loro messaggi privati. Secondo la consigliera di Cameron, la pratica del “Sexting”, dove gli adolescenti si scambiano immagini delle proprie parti intime, il vecchio gioco del dottore nell’era digitale, è diffusa «in quasi tutte le scuole del paese». Sul banco degli accusati è l’intera società, complice nel permettere anche ai più giovani contatti inappropriati con sconosciuti potenzialmente pericolosi a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Dice la battagliera Claire: «Abbiamo dato ai nostri figli tutte queste possibilità di comunicare in privato, ma abbiamo abdicato alla possibilità di esserne coinvolti. Dobbiamo sentirci in diritto di chiedere. Di fare in modo di essere amici dei nostri figli su Facebook, di poter chiedere loro in qualsiasi momento se quello che stanno facendo è appropriato».
La deputata conservatrice cerca di mettere in chiaro, per anticipare le critiche, che non sta cercando un impossibile ritorno ai «valori vittoriani», ma piuttosto di affrontare una situazione completamente nuova, determinata dall’impatto delle tecnologia digitale sulla società: “quando eravamo giovani noi, l’idea che i nostri genitori potessero permetterci di comunicare giornalmente con sconosciuti, o ricevere posta o chiamate private, sarebbe apparsa assolutamente bizzarra”. Claire Perry racconta che quando ha chiesto alla figlia di lasciarle vedere gli sms, la ragazza l’ha guardata come se fosse stata una pazza. A rincuorarla è stato il pensiero: «Dopotutto sono io che pago».
La scorsa settimana il caso di Chevonea Kendall-Bryan ha scosso l’Inghilterra aprendo uno scorcio sugli scambi sul web tra adolescenti. La tredicenne, studentessa della zona Sud di Londra, è morta cadendo dalla finestra del suo appartamento mentre implorava un ragazzo che stava al piano di sotto di cancellare un video che la ritraeva in pose sexy dal telefonino. La crociata contro la privacy degli adolescenti ha subito sollevato le proteste di molti che pensano che la libertà consista nel fare ciò che si vuole. “Per adesso - dice la consigliera del premier - mi sono guadagnata un mucchio di seguaci che mi odiano su Twitter”.

Roma - Istigazione al suicidio e detenzione di materiale pedopornografico, tra le accuse contro un gruppo di otto minori indagati dalla procura torinese per il tragico suicidio di una 14enne nel novarese. Per la proliferazione online di alcuni video di violenza girati ad una festa tra ragazzi, un caso di bullismo cibernetico ai danni di quei soggetti più esposti a certe vessazioni sui social network.

BULLI E VITTIME SI ASSOMIGLIANO - «Bulli e vittime si assomigliano - conferma Silvia Vegetti Finzi, professoressa di Psicologia dinamica a Pavia -. La loro configurazione sociale è molto simile, la differenza sta nel temperamento. La vittima è più fragile, ma la condizione di superiorità del bullo è in relazione solo al gruppo». Secondo la ricerca, le prime avvisaglie di bullismo si possono riscontrare già dalle scuole elementari. Vegetti Finzi arriva a dire «dalla scuola materna». Si tratta di bambini «che prevaricano gli altri - spiega - con la loro vitalità corporea. Ma anche in quel caso le vittime soffrono, vivono nel terrore e gli educatori devono stare attenti».
LO STUDIO -
L’ANONIMATO - È molto difficile sottrarsi alle molestie, alle aggressioni o agli inviti ambigui, soprattutto a causa dell’anonimato dietro al quale, generalmente, si nascondono questi fenomeni online. Dallo studio britannico emerge infatti che uno dei pericoli più frequenti tra i ragazzi che frequentano internet sono il cyberbullismo e il sexting, nuove modalità di aggressione e di molestie mediante cellulari e rete, con una piccola ma significativa differenza rispetto ai fenomeni vecchio stile: l’anonimato. Stesso discorso vale per ogni tipo di atteggiamento disturbato che si cela dietro a un’identità nascosta. Forse bisognerebbe iniziare da qui per proporre un uso educato di internet. Ai tempi della rete della prima ora circolava in rete una deliziosa vignetta che ritraeva un cagnetto intento a chattare mentre pensava tra sé e sé: «Il bello di internet è che nessuno sa che sono un cane». Ma quell’anonimato sinonimo di libertà ha purtroppo anche un altro volto che non ha a che fare con la libertà e che ha molto a che fare con nuovi tipi di minacce. Mentre al parco forse si potrebbe qualche caramella da sconosciuti, che non sono sempre cattivi. «A fronte dei pericoli emergenti - sottolinea lo studio - rivestono un importante ruolo la società, le comunità e le famiglie che hanno il dovere di collaborare con le istituzioni che non possono gestire il problema da sole. E forse il primo passo è l’informazione.
