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Si chiama “Birra alla goccia”. E non è altro che la versione italiana di una delle mode più pericolose in voga tra i giovani del web: il Neknominate.
Un gioco social che consiste nel bere alcol senza freni, sbronzarsi, filmare il tutto e lanciare la sfida in rete, ovviamente su Facebook.

Nato in Australia e poi diffusosi a macchia d’olio tra i giovani in Inghilterra, Irlanda, Francia e Usa, dove ha già fatto cinque vittime, il Neknominate ora è arrivato anche in Italia. E da qualche giorno rimbalza pericolosamente su tutti i social network dove la sfda a chi beve di più è già diventata virale.

LE VITTIME
Basta fare una ricerca su YouTube alla chiave “Neknominate” per trovare migliaia di filmati delle migliori performance alcoliche. Una sorta di gioco al massacro che come era facile immaginare, ha già registrato diverse vittime: in Irlanda, Johnny Bryne, 19 anni, è morto annegato dopo aver bevuto una pinta di birra ed essersi buttato in un fiume. Ross Cummins è stato trovato svenuto in casa a Dublino ed è morto poco dopo in ospedale: aveva 22 anni. Isaac Richardson, 20 anni, morto per un devastante cocktail di vino, whiskey, vodka e birra; a Cardiff, il 29 enne Stephen Brook, ucciso da una bottiglia di Vodka mandata giù in meno di un minuto; quindi, il rugbista Bradley, appena vent’anni, che agli amici preoccupati per la china pericolosa rispondeva: «Vi dimostro chi è che comanda». Due bottiglie di gin mescolate con del tè gli sono state fatali. Il fenomeno che sta riscuotendo gran successo ha già mietuto le prime vittime anche nel nostro paese. La scorsa settimana ad Agrigento, un ragazzo di sedici anni è finito in coma etilico.

IL DRINKING GAME IN ITALIA

In Italia il Neknominate (il cui nome fa probabilmente riferimento al collo della bottiglia) si chiama "Birra alla goccia" e i partecipanti bevono principalmente pinte di birra, appunto “alla goccia” (in un sol fiato) dopo che si è stati sfidati dai propri amici su Facebook. Lo sfidato viene "nominato" attraverso un video ed è "costretto" a raccogliere la sfida. Qualcuno deve filmare il tutto per dare così la possibilità agli autori della goliardata di sfidare altri utenti della Rete, spesso amici o conoscenti, a fare peggio con la frase: «saprai fare meglio di me nelle prossime 24 ore?».

In altre parole, chi è ‘Neknominato’ è costretto a raccogliere la sfida. E se non si accetta la sfida arriva la penitenza: offrire da bere per una sera intera alla persona che ha coinvolto gli amici nel gioco. I neknominati italiani per il momento sembrano essere più "moderati", ma la tendenza che sia made in Uk o in Italy non va sottovalutata.

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Fonte: Il Messaggero

NEKNOMINATIO - RACCOLATA DI IMMAGINI A CURA DI VANITY FAIR
     

 

Scopriamo che in Italia il numero di denunce per cyberbullismo è salito fino al 22% per molestie e al 19% per minacce.

Secondo i dati elaborati dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni, un terzo (33%) delle denunce per cyberbullismo che hanno avuto come vittime dei minorenni con età tra i 14 e i 17 anni nel corso del 2013 erano relative al reato di diffamazione. Il 22% erano per molestie e il 19% per minacce.  


DOMANDA: Ma quante vittime non hanno denunciato?

Definire giuridicamente il reato di bullismo: 

«Dobbiamo definire giuridicamente il reato di bullismo, e di conseguenza di cyberbullismo. Senza questo non si può intervenire in caso di violenza». Lo ha detto la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli (Pd) durante il workshop . «La rete - ha precisato la senatrice - deve essere libera, ma si deve poter intervenire quando vengono compiuti reati di violenza sul web; perché di violenza si tratta, anche se non viene riconosciuta come tale».  

Leggi l'articolo completo su: La Stampa [15-02-2014]

Sito Polizia Postale: www.commissariatodips.it

Domenica pomeriggio si è gettata dall’ultimo piano di un ex hotel di Cittadella. Nel mirino il sito Ask.fm, una chat diventata da tempo il parco giochi dell’odio.

Abbiamo parlato già parecchie volte di CYBERBULLISMO e delle conseguenze di questo problema, ma cosa realmente subisce un ragazzo/a?

Ecco alcune dei post ricevuti dalla ragazzina di 14 anni:

  • “Secondo me tu stai bene da sola! Fai schifo come persona”.
  • “Con cosa e meglio tagliarsi? Non è meglio usare la lametta?”
  • “Spero che uno di questi giorni taglierai la vena importantissima che c’è sul braccio e morirai!!!!”

Frasi, parole, insulti pesanti come un macigno, digitati con una cattiveria perversa a cui è difficile trovare un senso. E che hanno schiacciato, annientato una ragazzina di Padova di soli 14 anni, inducendola a farla finita.

Tutto questo ha un nome. Si chiama Cyberbullismo. Succede quando la piazza diventa il web, e succede quando il sito in questione è Ask.fm, network con 60 milioni di utenti giudicato pericoloso a tal punto che anche il primo ministro inglese David Cameron ha chiesto di boicottarlo, dopo il suicidio della 14enne inglese Hannah Smith, a Lutterworth nello Leichestershire.

Qui potete leggere l'articolo completo [La STAMPA].

A quattro anni di distanza dal suo lancio avvenuto il 16 giugno 2010 ad opera di Klaves Sinka, “Ask For Me” – abbreviato Ask.fm – torna a far parlare di sé, soprattutto per le preoccupazioni legate al cyberbullismo dilagante, che il social network alimenterebbe

La finalità del sito è piuttosto semplice e immediata: porre delle domande sul profilo degli altri utenti. Per rispondere tuttavia è necessario registrarsi e avere un età minima di almeno 13 anni, come specificato nelle ‘condizioni di utilizzo’ del sito. Ed è proprio questa libera e incontrollata interazione ‘domanda-risposta’ a facilitare e fomentare il fenomeno sempre più preoccupante del cyberbullismo, nonostante il sito si sia difeso da queste accuse affermando che esiste una «funzione di reporting».

Fonte: DataManager (Leggi l'articolo completo)

Un articolo interessante uscito sul Corriere della Sera fa riflettere sempre più sul problema del SEXTING, più volte abbiamo trattato le sue cause e conseguenze ma chi lo fa? A che età si inziare realmente a sentire il bisogno di inviare foto ad amici e amiche?

Questi sono alcuni paragrafi dell'articolo:

Non sono solo messaggi inviati da un cellulare. Ma qualcosa di più. Un bimbo che frequenta la quarta elementare spedisce alla sua compagna di classe una foto di se stesso nudo mentre si fa la doccia. Ha 9 anni, lo ha visto fare a un suo amico che a sua volta ha ricevuto una foto di una compagna di classe in costume da bagno. Sicuramente un’immagine più discreta, ma è solo il primo di numerosi messaggi con toni sempre più espliciti.

I dati che hanno raccolto gli psicologi Andrea Marino e Roberta Bucci dell’Istituto di Terapia Cognitivo-Interpersonale di Roma parlano chiaro e sono allarmanti perché riguardano i ragazzi molto giovani. L’età media si abbassa fino ad arrivare a bambini di 8 - 9 anni, quando il Sexting è considerato reato.


Un ragazzo su 5 ha trovato proprie foto imbarazzanti in Rete, mentre un anno prima la percentuale era solo di uno su 10. Quanto ad ammettere di voler fare “sexting”, solo il 12,3% dice di aver inviato materiale a sfondo sessuale e comunque nel 41,9% dei casi i giovani dicono di non vederci nulla di male nell’averlo fatto.

La dipendenza da cybersesso brucia le tappe. Se prima un dipendente sessuale ci metteva più tempo ad essere totalmente assuefatto, ora i tempi sono immediati.

Leggi l'articolo completo su: Corriere.it

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La dipendenza da Internet può portare a problemi comportamentali, introversione, evasione dalla realtà e persino perdita del controllo. I punteggi più negativi nelle persone che utilizzano giochi e chat. La dipendenza da Internet, videogiochi e altri servizi tecnologici è reale è ha i suoi tipici sintomi.

Negli ultimi cinquant’anni anni si è visto un progressivo, quanto veloce, aumento della tecnologia. Possiamo dire che rispetto ai nostri nonni, o anche ai nostri genitori, abbiamo fatto passi da gigante. Nessuno ci potrà dire quanto ancora progredirà e fino a che punto arriveremo. Quello che è certo, è che le persone – soprattutto i giovani – stanno sviluppando un’inquietante tecno-dipendenza.

Per questo motivo, alcuni ricercatori del Duke University Medical Center si sono preoccupati di comprendere i meccanismi che stanno dietro la dipendenza da Internet, in particolare su un gruppo di studenti americani.
Durante la ricerca sono stati reclutati 69 soggetti che, inizialmente, hanno dovuto compilare un questionario chiamato IRPS (Internet-Related Problem Scale). L’IRPS ha lo scopo di misurare i livelli di problemi che una persona sviluppa in seguito a un utilizzo smodato di Internet. La scala di valori va da 0 a 200 e si tratta di una scala sviluppata al fine di comprendere i vari tipi di dipendenza. Tra questi vi erano un’eccessiva timidezza, introversione, agitazione interiore (brama di possedere), riluttanza o tolleranza nei confronti della vita e conseguenze negative.

Ma non è tutto, attraverso le varie indagini si è potuto constatare anche il livello di evasione dalla realtà (tipico dell’utilizzo di Internet), la perdita di controllo e la riduzione dei tempi in cui ci si dedica alle normali attività quotidiane.
Durante la ricerca, durata due mesi, agli studenti sono stati assegnati degli pseudonimi, al fine di evitare qualsiasi collegamento con la loro vera identità.
Il coordinatore dello studio, il dottor Sriram Chellappan, professore di psichiatria e scienze comportamentali al Duke University Medical Center, ha scoperto che la gamma dei punteggi IRP tra gli studenti volontari variava da 30 a 134 punti (nella scala di 200 punti). Mediamente, quindi, il punteggio si aggirava intorno a 75. L’utilizzo medio di Internet in questo lasso di tempo variava da circa 140 MegaBytes a 51, con una media di 7 GigaBytes.

Non tutti ovviamente utilizzavano Internet allo stesso modo. Alcuni chattavano; altri giocavano; altri ancora scaricavano dei file, posta elettronica o navigavano tra i vari Social Network, tra cui anche i famosi Facebook e Twitter.
A termine studio si è potuto constatare che la scala di valori fosse più alta nei soggetti che adoperavano più spesso videogiochi e chat, mentre era particolarmente ridotta nel caso in cui l’uso fosse quasi esclusivamente dedicato al download della posta elettronica o la visita ai vari social network.

FONTE: LA REPUBBLICA