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Secondo uno studio, le reazioni ai comportamenti sociali nel mondo digitale sono equivalenti a quelle riscontrabili nel mondo reale. Chi viene respinto in Rete sviluppa le stesse sensazioni, con gradi differenti rispetto alle interazioni dirette.
Ma in realtà si tratta di risultati positivi che confermano la qualità dei rapporti umani anche sul web.


"Facebook è usato da oltre 800 milioni di persone per mantenere delle relazioni sociali: tuttavia, molto spesso viene utilizzato per escludere o ignorare qualcuno con facilità, senza l'imbarazzo causato dal farlo di persona" spiega Joshua Smyth 1, professore della Penn State University in Usa, e capo dello studio pubblicato sulla rivista Computers in Human Behavior. "Molti di noi si aspettano che l'altra persona che viene ignorata non la prenderà così male, ma i nostri studi dimostrano che non è questo il caso".

Mondo virtuale, autostima reale. I ricercatori hanno condotto due esperimenti paralleli di interazione sociale tra gruppi di studenti.
Nel primo, i partecipanti dovevano descrivere le loro aspettative nel caso ipotetico in cui venissero esclusi da una conversazione tra persone.
La reazione è di fastidio e perdita di autostima, ma i partecipanti ritenevano che un'esclusione avvenuta con la presenza fisica delle altre persone sarebbe stata peggiore da affrontare.

Nel secondo esperimento, un gruppo di partecipanti ignari è stato messo in una situazione in cui avrebbero dovuto fare conoscenza con altri studenti, in realtà attori addestrati ad escludere i partecipanti dalla conversazione e a ignorare le loro parole. "Abbiamo effettuato questo esperimento sia in una situazione reale, come una festa, sia in una discussione su Facebook, e poi messo a confronto le reazioni delle persone escluse" ha spiegato Smyth. "Anche se ritenevano che non ci sarebbero rimasti male, gli esclusi hanno mostrato una serie di reazioni emotive e psicologiche simili a quelle di chi viene escluso di persona", e anche in questo caso, "un senso di fastidio e perdita di autostima".

Socialità vera anche se elettronica.
Per Smyth, questi risultati sono in realtà positivi, in quanto mostrano che anche un rapporto sociale di tipo virtuale, in apparenza distante e fredda, può essere carica di significato e di emotività se causa questi risultati quando viene a mancare.
"Internet può permettere la nascita di relazioni benefiche per chi ne fa parte, specie se dà accesso e opportunità a persone che hanno problemi nel socializzare faccia a faccia", dice lo studioso.


Fonte: La Repubblica

La fine delle scuole fa scattare il desiderio di ritrovarsi con i compagni sul social network

“Papà mi apri un account su Facebook?”.  Simone ha solo 11 anni ma ha già il suo profilo sul social network e circa 300 amici. Scambia messaggi con il cugino Daniel, che di anni ne ha 13, l’età minima prevista per registrarsi in Facebook. E infatti Simone per essere ammesso ha barato, spacciandosi per 15enne.

Lo confermano i loro coetanei. Chiara, 12 anni: “Io mi sono iscritta perché così parlo con i miei amici e non spendo più i soldi del telefonino”. Semplice e pragmatica. Idem Vittoria, 11 anni, che ha “postato” anche la foto del suo gatto.

La mia amica Antonella, 40enne, invece, ha negato il permesso al figlio 13enne, “ma i suoi amichi ci sono quasi tutti”, ammette. “Le mamme mi dicono che li controllano, ma spesso la sera mentre parliamo al telefono il figlio resta attaccato a Facebook senza rete.

La fine della scuola alimenta la corsa al social network, “mostro” da 700 milioni di utenti. La prospettiva di passare alle medie e di perdere i compagni delle elementari fa scattare il desiderio di iscriversi per rimanere in contatto con tutti. Come si deve comportare un genitore di fronte alla richiesta?

La realtà è che un numero sempre maggiore di tween (da in between) – nome con cui si definiscono i preadolescenti agguerriti compresi tra i 9 e i 13 anni, già in grado di condizionare i consumi, cresciuti a nutella e tecnologia – si muove nel web da internauti incalliti, tanto da far sentire i genitori dei trogloditi. Lo conferma Sonia, insegnante di gyrothonic a Milano. “Ogni volta che voglio vedere un film in anteprima chiedo a mio figlio Simone di scaricarmelo”.

E sono molti i ragazzini che “taroccano” l’età, ammette Alessandro, 13 anni. Dopo il primo dilemma “qual è l’età giusta per regalare un computer?” i genitori si trovano di fronte al problema della rete e dei social network. Concedere o negare il permesso? E se sì, porre o no filtri?

“A quale età ritiene che un ragazzo possa accedere a Facebook?” Alla domanda posta da un sondaggio effettuato  nel 2010 dall’istituto Ipsos per conto di Web-Media Group su un campione di 552 donne che utilizzavano Internet quotidianamente, il 74% delle intervistate ha risposto: “A partire dai 15 anni”. Un conservatorismo ben lontano dalla realtà come dimostra la ricerca eseguita da Calipso che ha indagato un campione di 35.000 giovani di età compresa tra gli 11 e i 17 anni .

In Francia l’età di accesso a questo tipo di reti si colloca tra  i 10 e gli 11 anni” scrive Le Monde. Nel giugno 2010 il 55% dei ragazzi tra gli 11 e i 13 anni possedeva già un profilo, contro il 35% del 2009.

“I giovani cercano i propri punti di riferimento tra chi ha qualche anno più di loro, non tra gli adulti” afferma lo psicoanalista Serge Tisseron. “Se i 13-14enni sono su Facebook allora quelli che ne hanno 10 o 11 non vogliono sentirsi da meno”.  E infatti snobbano  i  social network  creati ad hoc  per gli ”under 13″ come  Togetherville, Mypage, Kidswirl.

“Il fatto è che i genitori non sono del tutto preparati a confrontarsi con queste nuove pratiche di contatto sociale”, sottolina lo psicanalista. Dovrebbero spiegare che la parola “friends” su Facebook non significa “amici”, come parrebbe naturale, ma “contatti”. Il problema non è tanto l’età dei ragazzi quanto la mancanza di preparazione dei genitori e della scuola.

L’arrivo in massa di ragazzi di 10 – 11 anni su Facebook  – il 76% tra i 6 ai 10 anni usa Internet come ha scritto il Corriere - pone problemi nuovi: nessuno svela loro il modello economico (di marketing, come dimostrano le community lanciate da Benetton, Armani e altri marchi) che sta  alla base delle reti sociali informatizzate”. Più che vietare serve spiegare.

Una volta attivato su Facebook il profilo dei figli i genitori invece provano a rassicurarsi sulla base di piccoli segni: “Sono felice che Mathias mi abbia chiesto di far parte dei suoi amici” dice sua madre. Per lei è un modo di controllare a distanza il figlio che passa ogni giorno un’ora e mezza davanti al video. “Un giorno ho visto che si era fatto ritrarre in stile video-clip con del denaro in mano – racconta-. Gli ho fatto togliere immediatamente la foto”. E ho scoperto che dietro a un amico si nascondeva un link che inviava a un sito porno”.

L’argomento è più che mai attuale visto che la domanda dell’estate 2011 è “Sei su Facebook?”

E voi genitori, come avete affrontato la questione  con i vostri figli?  Avete esperienze da raccontare al proposito?

E che cosa ne pensate voi ragazzi? Ritenete sia giusto vietare Facebook ai tween? Che cosa rappresenta esattamente per voi?

Fonte: Corriere della Sera [Maria Teresa Veneziani]

Da Facebook allo stupro a 13 anni vittima del brancoCINQUE studenti, tra i 13 ed i 14 anni, di Cerignola accusati di violenza sessuale di gruppo e sequestro di persona.

Il branco avrebbe abusato di una 13enne, conosciuta su Facebook.

Prima l'incontro, poi il ricatto di mettere su Youtube un filmino compromettente: la ragazzina cede per paura, acconsente ad avere rapporti sessuali.

Alla fine si sfoga con un'amica maggiorenne che la convince a raccontare tutto alla polizia. Due 14enni sono ora chiusi in comunità del Brindisino.

Fonte: La Repubblica [Maria Grazia Frisaldi]

La polizia ha arrestato un ragazzo di 17 anni ritenuto responsabile di almeno trenta colpi ai danni di coetanei.
Il giovane, insieme a un complice, agiva per strada davanti a oratori o scuole di Torino aggredendo ragazzi tra i 14 e i 17 anni e portandogli via portafogli e cellulari sotto la minaccia di un cavatappi affilato. Gli agenti, che in questi mesi avevano raccolto le denunce dei giovani derubati, lo hanno grazie alle descrizioni, ma anche per merito di alcune vittime che si sono improvvisate investigatori e hanno trovato le foto del loro aguzzino su facebook, fornendole poi agli investigatori. Il 17enne, bloccato in un bar poco dopo l'ennesimo furto, ha quindi ammesso che i soldi e la vendita dei cellulari gli servivano poi per acquistare della cocaina.
Gli agenti lo hanno perquisito trovandogli addosso tre telefoni cellulari, due dei quali rubati nel pomeriggio.
Nella sua casa gli agenti hanno trovato numerosi capi d'abbigliamento e altri oggetti riconducibili alle rapine.
Il complice del minore, un ragazzo di 16 anni, è stato denunciato in stato di libertà.

La Polizia invita i ragazzi che avessero subito rapine simili a mettersi in contatto con il commissariato.


Fonte: ANSA | CRONACA - TORINO 01 febbraio 2012

Il Centro di Ricerca Innocenti dell’UNICEF ha presentato oggi il rapporto “Children Safety Online - Global Challenges and Strategies" (La sicurezza dei bambini online: sfide globali e strategie) per una migliore comprensione delle opportunità e dei rischi che incontrano i ragazzi e i giovani navigando in Internet.

«La rapida crescita del mondo online ha ampliato i rischi di reato di abuso e sfruttamento sessuale per i bambini» ha affermato il direttore dell’Ufficio di Ricerca UNICEF, Gordon Alexander. «Dobbiamo esserne consapevoli e adottare misure più adeguate, rispettando i diritti dei bambini di esplorare l’ambiente online e sfruttare le potenzialità offerte dalla tecnologia.»

«In Brasile, ad esempio» ha aggiunto Alexander «il numero di bambini sopra i 10 anni connessi ad Internet è aumentato del 75% in tre anni, mentre in Nepal nel 2009 l’80% degli adolescenti usano il web.
L’Africa Subsahariana è ancora indietro, con un utilizzo di Internet dell’11%, ma la crescita è stata esponenziale soprattutto grazie agli Internet point e ai telefoni cellulari.»


Responsabilizzazione e protezione

Dall’analisi - realizzata in collaborazione con il Child Exploitation and Online Protection Centre (CEOP) nel Regno Unito - oltre ai vantaggi in termini di educazione, socializzazione ed intrattenimento del mezzo online, sono emerse quattro linee guida per proteggere gli adolescenti e i bambini  dai pericoli collegati soprattutto a immagini pedo-pornografiche, adescamenti on line e bullismo e per creare un ambiente più sicuro per i bambini in rete:

  • responsabilizzazione dei bambini per proteggersi
  • rimozione delle impunità per chi commette abusi
  • riduzione della disponibilità e della possibilità di accedere in rete a situazioni di rischio protezione e supporto per le vittime.

La responsabilizzazione dei minori è fondamentale nell’affrontare il problema dei rischi posti dalla rete. I ragazzi in genere sono molto più esperti nella navigazione rispetto ai loro genitori e insegnanti, ed hanno una diversa percezione dei rischi rispetto agli adulti, i quali spesso hanno una familiarità limitata con le nuove tecnologie.

I telefoni cellulari e le webcam sempre più a buon mercato rappresentano adesso i canali favoriti di accesso ad Internet  per i bambini, ma anche ulteriori opportunità per i pedofili.

Legislazione ancora insufficiente
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Dal punto di vista legislativo, leggi su scala globale sarebbero un importante elemento di protezione. A livello nazionale però, l’attuazione delle stesse norme in molti Stati è stata lenta ed anche laddove un decreto legge è stato emanato spesso ne è mancata l’armonizzazione fra Paesi, in particolare su questioni come la definizione di “bambino”, o di pornografia.

Dei 196 paesi esaminati, solo 45 hanno una legislazione sufficiente a combattere i reati di abusi delle immagini di bambini.

La rimozione dell’impunità dei violentatori dovrebbe essere uno degli obiettivi di maggiore attenzione, particolarmente per la difficoltà legata alla natura sovranazionale dei reati commessi in rete.

Il ruolo degli adulti

Accanto a interventi di tipo legislativo, anche genitori, insegnanti, operatori sociali e polizia devono svolgere un ruolo importante nel sostenere gli sforzi dei bambini per proteggere se stessi.

L’industria e il settore privato hanno anch’essi un ruolo fondamentale nella rimozione di materiali offensivi dai server e nel fornire hardware e software a misura di bambino che consentano di bloccare o filtrare le immagini offensive.

Pedo-pornografia, la censura del web è impensabile

Nel solo 2010, su scala globale, la Internet Watch Foundation ha identificato e intrapreso azioni contro 16.700 casi di contenuti web inerenti abusi sessuali su minori.

L’età delle vittime è sempre più bassa, il 73% sembra essere sotto i dieci anni, mentre le immagini sono sempre più vivide e violente.

Le cifre dimostrano l’enormità della sfida, ma il rapporto è pragmatico: «È impossibile eliminare tutti i rischi presenti sul web. È uno spazio troppo grande, per natura non controllato, in continua evoluzione e sempre più creativo per essere soggetto al tipo di misure necessarie per proteggere completamente i bambini.

Né è auspicabile una linea di intervento di questo tipo, perché un controllo totale della rete distruggerebbe l’essenza di Internet e i suoi numerosi vantaggi.»

Fonte: Unicef 13 Dicembre 2011

E' stato uno dei ragazzi aggrediti a scoprire la pagina web di uno dei responsabili. Anche ragazze nel gruppo
MILANO - Picchiavano, rapinavano e minacciavano i coetanei di un intero quartiere, per poi vantarsi su Facebook delle loro imprese.

I carabinieri della stazione Gratosoglio, estrema periferia sud del capoluogo lombardo, hanno eseguito mercoledì due ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di due italiani incensurati di 15 e 16 anni, autori di almeno quattro rapine consumate tra le strade del proprio quartiere nel gennaio e febbraio scorso. Un 13enne, che agiva insieme ai due destinatari delle ordinanze, è stato segnalato al Tribunale dei Minori.
I militari hanno anche denunciato a piede libero altri 15 giovani incensurati italiani tra i 15 e i 16 anni, tra cui 5 ragazzine, responsabili in un totale di 40 episodi di bullismo, per i reati di lesioni personali, violenza privata e rapina. I carabinieri hanno precisato che i ragazzi coinvolti da queste bravate sarebbero almeno una cinquantina, tra cui anche svariate ragazze.

IL SOPRANNOME RIVELATORE - E' stato proprio uno dei ragazzi rapinati a dare il via alle indagini: è stato lui a fare ricerche su Facebook fino a quando ha trovato il profilo di uno dei «bulli» che lo avevano aggredito un mese prima, soprannominato «Diabolik». È così emerso uno scenario inquietante: decine di ragazzi tra i 13 e i 17 anni che si vantavano delle rapine postando messaggi sul social network, che inneggiavano a boss come Totò Riina e «Il Barone» di Cosa Nostra Salvatore Lo Piccolo, che frequentavano molto poco gli istituti scolastici in cui erano iscritti e che davano vita a continui episodi di bullismo e violenza privata. I due ragazzi arrestati sono accusati di rapina, lesioni personali e violenza privata per quattro episodi avvenuti tra gennaio e febbraio di quest'anno. I messaggi su Facebook non lasciavano dubbi: «Oggi lo abbiamo pestato di brutto», «Siamo i numeri uno», «Distruggiamo tutto», scrivevano i «bulli». I ragazzini lanciavano anche insulti alle forze dell’ordine («Sbirri maledetti, se vi acchiappo vi distruggo»). Tra i loro idoli c’era anche il fotografo Fabrizio Corona, già al centro delle cronache per il caso Vallettopoli e altri episodi violenti.
IL PUGNO ALL'OCCHIO - Il 16enne detto «Diabolik» è stato indagato anche per lesioni gravi ai danni di un 17enne per avergli fratturato l’orbita oculare con un tirapugni, lo scorso febbraio in piazza Abbiategrasso. La vittima, ricoverata con una prognosi di 35 giorni e costretta a subire un intervento con applicazione di protesi all’occhio, era stata colpita soltanto per essersi rifiutata di consegnare l’ipod. «Ha reagito e l’ho mandato in ospedale», aveva scritto «Diabolik» su Facebook. Lo stesso 16enne è protagonista del primo episodio riportato nell’ordinanza firmata dal gip, Sara Gravagnola, su richiesta del pm, Poli, e risalente allo scorso gennaio in via Saponaro. In quella occasione tre minorenni che avevano bigiato la scuola erano stati avvicinati alla fermata del tram dal 16enne armato di coltello, in compagnia del 15enne e il 13enne, e costretti a consegnare soldi e cellulare. I 15 indagati agivano in gruppi separati e non legati tra loro, se non per alcune conoscenze in comune. Il gruppo di 5 ragazze era solito prendersela con le coetanee, che venivano picchiate e in alcuni casi rapinate.

Fonte: 07 settembre 2011 Redazione online [Corriere della Sera]