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Un anno fa abbiamo parlato di Blue Whale dimostrando come prima del servizio delle Iene in Italia nessuno aveva cercato su Google il termine e proprio lo stesso servizio "di successo" ha generato allarmismo tra giovani e genitori. (Blue Whale, bufala o reale pericolo? e Non esiste un numero di Blue Whale [051 6041111]).
Da qualche settimana di "MOMO games" che circola su WhatsApp tra i ragazzi.

In cosa consiste? Una nuova catena di Sant’Antonio di WhatsApp a sfondo horror [VIDEO] con un prefisso straniero: di solito +81, ma molti utenti hanno segnalato anche il prefisso +57, accompagnato dal numero vero e proprio.
Si presenta come una sorta di fattucchiera che, se non viene diffusa, scaglierà una maledizione.
La sua immagine è diventata virale e famosa tramite WhatsApp, sottoforma di sfida e sappiamo bene quanto i ragazzi vengono attirati dalle "Challenge" (Un'altra folle moda: Salt and Ice ChallengeIl tormentone Social? la KIKI ChallengeSELFIE, la nuova moda pericolosa si chiama: One Finger Challenge)

 

Ogni giorno, navigando sul web, incontriamo profili social di persone defunte, esistono regole per la gestione e l'accesso agli account?
Dopo un lungo caso giudiziario due genitori si vedono garantito l'accesso all'account della figlia 15enne deceduta nel 2012 a Berlino. Il social si era opposto all'apertura del profilo, in quella che è una sorta di eredità digitale (in questo caso, purtroppo, fuori dalle logiche naturali di successione). Ora la sentenza può fare scuola anche a livello europeo.

Scrivo questo post in risposta ad una domanda che ha fatto un docente:

E' legale avere come amici i miei alunni sui Social? Come mi devo comportare alla richiesta di amicizia?

Il rapporto sui Social (Facebook, WhatsApp, Instagram ecc) tra alunno e docente è sempre stato un tema caldo e delicato durante i nostri incontri, sicuramente internet e i Social negli ultimi anni sono entrati nella didattica di tutti i giorni (dalla scuola primaria all'università), le classi si sono trasformate con LIM e tablet mettendo in crisi non pochi insegnanti.
Con l'esplosione dei dispositivi mobile i social si sono diffusi esponenzialmente tra i ragazzi, dai nostri sondaggi più del 95% dei ragazzi delle medie possiede uno smartphone connesso ad internet, facendo sempre più difficoltà nel distinguere vita reale da quella virtuale.
Abbiamo chiesto diverse volte agli insegnanti la scelta presa da loro e la relativa motivazione, ecco le risposte più diffuse:

1. Non accetto alcuna amicizia dai miei alunni, non vedo perchè negarla una volta usciti dalla scuola

2. Accetto sempre i miei alunni sui social, non vedo perchè impedire la comunicazione

3. Accetto i miei alunni ed utilizzo i Social solo a scopo didattico

 

ELEMENTARI

MEDIE

SUPERIORI

 NO

 80%
35%
15%

 SI

2%
20%
38%

 SI, solo EX

18%
45%
47%


Fino a qualche anno fa, tale rapporto era vincolato solo ed esclusivamente da qualche regolamente scolastico interno (ogni scuole era libera di vietare o suggerire tale rapporto).
Ad esempio l'Istituto Comprensivo Statale di Rimini due anni fa pubblicava una circolare (251) dall'Oggetto: uso ed abuso delle chat “Whatsapp”, oltre a chat tra alunni, tra genitori emerge anche i consigli per i docenti:

Chat di classe tra alunni/genitori e docenti: si tratta di una situazione che i docenti devono usare con estrema cautela e solo essendosi assicurati che la funzione della chat sia assolutamente chiara agli interlocutori.
Il ruolo del docente deve essere preservato nella sua autorevolezza, ponendo grande attenzione a non sconfinare in commenti non consoni.

Anche l'Istituto Comprensivo di Manciano ha pubblicato una circolare (2413 del 19-03) dall'Oggetto: Uso delle Chat WhatsApp:

Si ricorda che l’utilizzo di WhatsApp per comunicazioni istituzionali non è contemplato.
Pertanto i docenti sono invitati ad attenersi scrupolosamente a quanto di seguito specificato:
1.la  comunicazione  corretta  fra  insegnanti  e  genitori  deve  avvenire  tramite  diario,  registro elettronico,  posta  elettronica  e  sito  di  Istituto,  canali  per comunicazioni “ufficiali” di cui è importante che rimanga una traccia chiara

Quest'anno, 12 febbraio 2018, con il nuovo contratto nazionale il MIUR prevede che chat e social siano limitati alla sola didattica, i docenti dovranno fare particolare attenzione, specialmente nelle situazion in cui chat/social vengono utilizzati per comunicare con la classe al di fuori dell’orario scolastico. Si potrà continuare a farlo ma solo se strettamente necessario ai fini didattici, assolutamente vietato tutto ciò che è personale.
Una nota del Miur: “I docenti che violano la fiducia saranno licenziati”
Il contratto prevede anche nuove misure a salvaguardia di studentesse/studenti e di un sano rapporto con i docenti. Si prevedono misure disciplinari per chi usa in modo improprio, ovvero con fini non coerenti con l’obiettivo dell’istruzione, della formazione e dell’orientamento, i canali di comunicazione informatici o i social per relazionarsi con gli studenti. I docenti che dovessero violare la fiducia accordatagli, mettendo in atto comportamenti o molestie di carattere sessuale nei confronti dei loro alunni, saranno licenziati.

Un anno fa Mario Rusconi, vicepresidente dell’Associazione Nazionale Presidi si era espresso cosi: “Non sono un proibizionista in materia di social. Come tutti i nuovi mezzi di comunicazione vanno usati con intelligenza e parsimonia professionale. Rendono i contatti più rapidi, ma si deve evitare di farsi prendere la mano e lasciare che intervengano modi troppo confidenziali. Non si deve essere amici dei propri studenti, si deve riuscire a mantenere sempre il rigore professionale necessario”.


Come si sono mossi in Europa?

In Germania insegnanti e studenti non possono stringere amicizia. Almeno sui social network. Il divieto di cui si discute spesso nel nostro Paese, diventa legge nella Land della Renania-Palatinato.
Il Ministro dell’Istruzione tedesco ha tassativamente vietato a tutte le scuole il contatto sul social network. Ad essere bacchettati pesantemente sono stati proprio gli insegnanti. “La valutazione dei dati personali per scopi commerciali non è compatibile con la funzione scolastica. Per scambiare informazioni e dati ci sono alternative”.

Negli USA, già nel 2011, con la legge Missouri Senate Bill 54 (anche denominata Amy Hestir Student Protection Act), si vieta il social networking tra studenti e insegnanti, proibisce ad allievi e professori di comunicare fuori dai canali ufficiali: aula ed edificio scolastico. Vietati telefono, sms, e contatti attraverso qualsivoglia sito internet, Facebook incluso.

In Svizzera, si è espresso Beat Zemp, presidente centrale di Docenti svizzeri (DCH), la federazione nazionale degli insegnanti:
Whatsapp va bandito dalle scuole svizzere, nel rapporto fra insegnanti e allievi.
"Lo dico chiaramente: Whatsapp è completamente inadatto per la comunicazione tra insegnanti e studenti" (leggi articolo completo)


Credo fortemente che sia necessario più formazione e una migliore consapevolezza dell'utilizzo dei Social da parte degli attori in gioco (alunni e docenti), è difficile per tutti guidare una Ferrari se non si conosce come girare il volante... , dall'altra parte capisco che la maggior parte delle volte lo si fa in buona fede e per essere più vicini ai propri alunni ci si possa affidare ad una comunicazione veloce basata sui Social.
Il consiglio per i docenti è quello di riflettere sempre sullo scopo della comunicazione facendo sempre molta attenzione nel distinguere la sfera personale/privata da quella didattica.
Ogni insegnate è libero di condividere ciò che vuole sul proprio profilo, accettare/rifiutare amicizie di alunni/genitori, entrare in gruppi classe di WhatsApp, magari pensarci prima può risolvere diversi problemi a monte.

ALCUNI ARTICOLI CORRELATI

22-01-2018 La Tecnica della Scuola (leggi articolo completo)
Nessun rapporto tra docenti e studenti via sms o sui social”. Così un preside a Savona

09-02-2018 La Stampa (leggi articolo completo)
Professori, basta chat con gli studenti. E in caso di molestie previsto il licenziamento
Sono questi alcuni dei passaggi fondamentali del nuovo contratto nazionale dei docenti della scuola, appena rinnovato. L’utilizzo dei social network da parte degli insegnanti dovrà essere limitato esclusivamente a scopi didattici. Professori che rimarranno almeno tre anni nella stessa sede. (nuovo contratto nazionale PDF)

15-02-2018 TGCOM24 (leggi articolo completo)
Stop alle chat tra insegnanti e studenti, il prof: "Mi autodenuncio"
Tra prof e studenti nessun dialogo via social network se non strettamente legato alla scuola. Così stabilisce il nuovo contratto dei docenti. Ma la lettera di questo insegnante fa capire che spesso la realtà delle classi è più complessa di quanto si creda.
 
10-04-2017 La Stampa (leggi articolo completo)
Professori sui social. “Sì, così aiutiamo i ragazzi” “No, si perde autorità”
La vita della scuola va in rete. Ecco i pro e i contro
 
14-04-2018 La Repubblica (leggi articolo completo)
Bologna, la social prof che insegna la parola della buonanotte con WhatsApp
Carla Romoli, docente di 61 anni, ogni sera manda un messaggio vocale alle sue classi spiegando un vocabolo nuovo. Da abisso a bustrofedico

Andrea MassaAutore:
Andrea Massa
Resp. INFORMATICO - Progetto MASSERE

Diverse scuole ci hanno contattato negli ultimi mesi per capire meglio il significato di Privacy nelle scuole e relativo GDPR [Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (UE/2016/679)].

Partiamo da un concetto base: la PRIVACY

COSA INTENDIAMO PER DATI PERSONALI?

Tutte quelle informazioni che identificano/rendono identificabile, direttamente o indirettamente, una persona fisica e che possono fornire informazioni sulle sue caratteristiche, le sue abitudini, il suo stile di vita, le sue relazioni personali, il suo stato di salute, la sua situazione economica, ecc..

Particolarmente importanti sono:

  • i dati che permettono l'identificazione diretta - come i DATI ANAGRAFICI (es. nome e cognome), le immagini, ecc. - e i dati che permettono l'identificazione indiretta, come un numero di identificazione (es. il codice fiscale, l'indirizzo IP, il numero di targa);
  • i dati rientranti in particolari categorie: si tratta dei dati c.d. "SENSIBILI", cioè quelli che rivelano l'origine razziale od etnica, le convinzioni religiose, filosofiche, le opinioni politiche, l'appartenenza sindacale, relativi alla salute, alla vita o all'orientamento sessuale. Il Regolamento (UE) 2016/679 (articolo 9) ha incluso nella nozione anche i dati genetici e i dati biometrici;
  • i dati relativi a condanne penali e reati: si tratta dei dati c.d. "GIUDIZIARI", cioè quelli che possono rivelare l'esistenza di determinati provvedimenti giudiziari soggetti ad iscrizione nel casellario giudiziale (ad esempio, i provvedimenti penali di condanna definitivi, la liberazione condizionale, il divieto od obbligo di soggiorno, le misure alternative alla detenzione) o la qualità di imputato o di indagato. Il Regolamento (UE) 2016/679 (articolo 10) ricomprende in tale nozione i dati relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza.

Con l'evoluzione delle nuove tecnologie, altri dati personali hanno assunto un ruolo significativo, come quelli relativi alle comunicazioni elettroniche (via Internet o telefono) e quelli che consentono la geolocalizzazione.

I RUOLI:

  • Interessato è la persona fisica al quale si riferiscono i dati personali. Quindi, se un trattamento riguarda, ad esempio, l'indirizzo, il codice fiscale, ecc. di Mario Rossi, questa persona è l"interessato" (articolo 4, paragrafo 1, punto 1), del Regolamento UE 2016/679);
  • Titolare è la persona fisica, l'autorità pubblica, l'impresa, l'ente pubblico o privato, l'associazione, ecc., che adotta le decisioni sugli scopi e sulle modalità del trattamento (articolo 4, paragrafo 1, punto 7), del Regolamento UE 2016/679);
  • Responsabile è la persona fisica o giuridica al quale il titolare affida, anche all'esterno della sua struttura organizzativa, specifici e definiti compiti di gestione e controllo per suo conto del trattamento dei dati (articolo 4, paragrafo 1, punto 8), del Regolamento UE 2016/679). Il Regolamento medesimo ha introdotto la possibilità che un responsabile possa, a sua volta e secondo determinate condizioni, designare un altro soggetto c.d. "sub-responsabile" (articolo 28, paragrafo 2).

A partire dal 28 maggio 2018 il GDPR sarà attivo anche per le scuole italiane e scuole (pubbliche/private), data la mole di dati che dovrà essere messa in sicurezza (soprattutto riferiti a minori), saranno sicuramente uno degli enti maggiormente nell’occhio del ciclone.
A questo punto è importante capire che:

  • Il GDPR non è una direttiva, è un Regolamento. [non richiede una legge nazionale di recepimento, è immediatamente esecutivo].
  • Il GDPR è stato approvato due anni fa (24 maggio 2016). [non richiede ulteriori approvazioni].
  • Il GDPR prevede, con un proprio articolo, che la piena applicabilità delle nuove norme decorra dal 25 maggio 2018. [non ci saranno rinvii].

Il MIUR ha rilasciato una Nota dal titolo: Responsabile della protezione dei dati personali - Prime indicazioni per le Istituzioni scolastiche (Prot. n. 563 del 22 maggio 2018).

Il Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali (c.d. GDPR) attribuisce ai soggetti pubblici una significativa discrezionalità nella individuazione delle modalità organizzative di adeguamento alle novità in esso previste.
Al fine di consentire l'avvio di un percorso di attuazione del suddetto Regolamento, in attesa dell'emanazione del decreto legislativo nazionale di dettaglio, si ritiene opportuno, in accordo con il Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione, fornire indicazioni alle scuole, anche in considerazione delle necessità e delle criticità rappresentate dalle organizzazioni sindacali in occasione dell'incontro tenutosi presso questo Dipartimento in data 18 maggio u.s.
Come noto, ciascun istituto scolastico, in virtù della propria autonomia, deve dotarsi in via prioritaria del Responsabile della protezione dati personali. Tale figura, interna o esterna, deve essere connotata dai requisiti di autonomia e indipendenza, operare senza conflitto di interessi e possedere specifiche competenze in materia di trattamento dei dati personali.
Tenendo conto della previsione dell'articolo 37, comma 3 del Regolamento riguardo alla nomina di un unico Responsabile della protezione dei dati per più autorità pubbliche, è consentito a più scuole di avvalersi di un unico Responsabile.
Pertanto, gli Uffici Scolastici Regionali dovranno svolgere in questo ambito un fondamentale ruolo di interlocuzione e di coordinamento nei confronti delle istituzioni scolastiche per promuovere soluzioni condivise.
L'atto di designazione di un unico Responsabile della protezione dei dati personali potrà, ad esempio, avvenire attraverso la decisione congiunta di scuole già costituite in reti di scopo poste in essere per l'attuazione di procedure amministrative di interesse comune.
Al medesimo risultato, si potrà pervenire favorendo la conclusione di accordi volti a disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune per l'individuazione di un unico Responsabile della protezione dei dati personali, attraverso il coinvolgimento contestuale degli istituti scolastici dislocati nello stesso ambito regionale, provinciale o subprovinciale, a seconda delle peculiarità territoriali, soddisfacendo, comunque, il requisito della cosiddetta "raggiungibilità" del Responsabile per la protezione dei dati proprio per assicurare un efficace supporto al Titolare del trattamento.
Inoltre, come importante misura di accompagnamento al percorso di adeguamento, per assicurare una formazione adeguata e capillare sui temi e le nuove problematiche che concernono il trattamento dei dati personali alla luce del suddetto Regolamento, il MIUR provvederà a rendere accessibile entro la prossima settimana a tutto il personale scolastico il corso di formazione on line, della durata di nove ore, in questi giorni fruito dal personale del Ministero.
Nelle prossime settimane verrà, poi, definita l'organizzazione di un sistema di formazione a rete, così come configurato e realizzato per il Piano Nazionale Scuola Digitale, prevedendo degli incontri formativi interregionali indirizzati in via prioritaria ai dirigenti scolastici e ai direttori dei servizi generali ed amministrativi (DSGA).
Infine, per supportare ulteriormente le istituzioni scolastiche, al fine di assicurare la creazione di un corretto sistema di protezione dei dati personali, sarà trasmesso nelle prossime settimane un modello standard di Registro delle attività di trattamento dei dati personali come previsto dall'articolo 30 del succitato Regolamento.

 


ALCUNI CONSIGLI PER LE SCUOLE:

Garante della Privacy: Scuole: sì alla trasparenza, ma senza violare la privacy
Graduatorie on line e moduli di iscrizione solo con dati pertinenti. No alla pubblicazione sul web dei nomi degli studenti le cui famiglie sono in ritardo nel pagamento della retta per la mensa. Vietato diffondere telefono e indirizzo di personale scolastico e studenti. Il Garante per la privacy ricorda alle scuole di ogni ordine e grado la necessità di tenere presente alcuni principi stabiliti nei provvedimenti adottati in questi anni in materia di trasparenza in ambito scolastico, a tutela dei dati degli studenti e dei lavoratori che operano nel mondo dell´istruzione. Numerosi sono, infatti, i casi in cui istituti e pubbliche amministrazioni, per un´errata interpretazione della normativa sulla trasparenza o per semplice disattenzione, rendono accessibili informazioni che dovrebbero restare riservate, mettendo in questo modo a rischio la riservatezza e la dignità delle persone. [continua a leggere]

La diffamazione, disciplinata dall’art. 595 del codice penale, è un delitto che trova una delle sue manifestazioni più quotidiane sui social network.
Abbiamo già affrontato il tema agli albori dei sui sviluppi quando la Corte di Cassazione, per la prima volta, aveva previsto la realizzazione di questo reato su facebook (www.massere.it/pericoli/135-la-diffamazione-sbarca-su-facebook.html).  

Vediamo come si è evoluto il tema.

Partiamo da un dato: se nel 2015 il reato di diffamazione sui social network era la novità, oggi il mondo internet è il terreno più fertile per la realizzazione di questo delitto.
Basta fare una rapida ricerca per accorgersi che le sentenze in materia sono numerosissime e riguardano diversi argomenti.

Cosa si intende per diffamazione?

L’art. 595 del c.p. recita:

Chiunque (…) comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.

Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.

Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.

Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate

La diffamazione è un delitto contro l’onore che si realizza quando una persona, comunicando con più soggetti, offende la reputazione altrui.
Il soggetto non deve essere presente fisicamente, altrimenti si cadrebbe nella diversa ipotesi dell’ingiuria (oggi depenalizzata).

Se l’offesa alla reputazione avviene attribuendo un fatto specifico (per esempio Tizio, imprenditore di arredo casalingo, usa materiale di seconda mano e di provenienza dal terzo mondo per la realizzazione delle sue mensole) si ha un’aggravante che comporta l’aumento della pena.
Per molti giudici, la diffamazione su Facebook può essere ricondotta alla diffamazione con qualsiasi altro mezzo di pubblicità (data la moltitudine, potenzialmente illimitata, di persone raggiungibili) e dunque suscettibile di una diversa e ulteriore aggravante.


Ho selezionato alcune sentenze (dal 2015 al 2018), cercando di evidenziare le decisioni consolidate dei nostri giudici:

Cassazione penale, sez. V, 23/01/2017,  n. 8482
La pubblicazione di un messaggio diffamatorio sulla bacheca Facebookcon l'attribuzione di un fatto determinato configura il reato di cui all'art. 595, commi 2 e 3,c.p.

Cassazione penale, sez. I, 02/12/2016,  n. 50
La diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l'uso di una bacheca "facebook" integra un'ipotesi di diffamazioneaggravata ai sensi dell'art. 595 terzo comma c.p., poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone; l'aggravante dell'uso di un mezzo di pubblicità, nel reato di diffamazione, trova, infatti, la sua ratio nell'idoneità del mezzo utilizzato a coinvolgere e raggiungere una vasta platea di soggetti, ampliando - e aggravando - in tal modo la capacità diffusiva del messaggio lesivo della reputazione della persona offesa, come si verifica ordinariamente attraverso le bacheche dei social network, destinate per comune esperienza ad essere consultate da un numero potenzialmente indeterminato di persone, secondo la logica e la funzione propria dello strumento di comunicazione e condivisione telematica, che è quella di incentivare la frequentazione della bacheca da parte degli utenti, allargandone il numero a uno spettro di persone sempre più esteso, attratte dal relativo effetto socializzante 

Cassazione penale, sez. V, 14/11/2016,  n. 4873
Ove taluno abbia pubblicato sul proprio profilo Facebookun testo con cui offendeva la reputazione di una persona, attribuendole un fatto determinato, sono applicabili le circostanze aggravanti dell'attribuzione di un fatto determinato e dell'offesa recata con un qualsiasi mezzo di pubblicità, ma non quella operante nell'ipotesi di diffamazionecommessa col mezzo della stampa, consistente nell'attribuzione di un fatto determinato

Cassazione penale, sez. V, 19/10/2017,  n. 101
Si configura il reato di diffamazionea mezzo di strumenti telematici se i commenti diffamatori, pubblicati tramite post sul social network Facebook, possono, pur in assenza dell'indicazione di nomi, riferirsi oggettivamente ad una specifica persona, anche se tali commenti siano di fatto indirizzati verso i suoi familiari. 

Cassazione civile, sez. lav., 27/04/2018,  n. 10280
La condotta di postare un commento sufacebookrealizzala pubblicizzazione e la diffusione di esso, per la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone, comunque, apprezzabile per composizione numerica, con la conseguenza che, se, lo stesso è offensivo nei riguardi di persone facilmente individuabili, la relativa condotta integra gli estremi della diffamazione. 

Tribunale Pescara, 05/03/2018,  n. 652
Il reato di diffamazionea mezzo social network (Facebook) è integrato anche quando la vittima può essere individuata da una serie concordante di elementi indiziari, pur non essendo mai esplicitamente indicato il suo nome, gli stessi elementi che possono consentire di individuarlo come bersaglio anche ad altri frequentatori del social network su cui i post vengono pubblicati. Ovviamente, quando la vittima non è un personaggio famoso, si tratta di una cerchia di persone limitata a coloro che per motivi personali o di lavoro sono a conoscenza dei particolari della sua vita privata (ad esempio, l'occupazione lavorativa, il giorno del compleanno, la motocicletta posseduta). Tuttavia, si tratta di un ambito quantitativamente apprezzabile ed ampiamente sufficiente ad integrare l'elemento oggettivo del reato di diffamazione, il che vale a configurare anche l'ipotesi aggravata di cui al comma terzo dell'art. 595 c.p. poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone.

Cassazione penale, sez. V, 13/07/2015,  n. 8328
La condotta di postare un commento sulla bacheca Facebookrealizza la pubblicizzazione e la diffusione di esso, per la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone, comunque, apprezzabile per composizione numerica, sicché, se tale commento ha carattere offensivo, la relativa condotta rientra nella tipizzazione codicistica descritta dall'art. 595 c.p.

In conclusione, è possibile integrare il reato di diffamazione su Facebook e sui diversi social network, dunque ogni commento e post deve essere predisposto con la massima attenzione, evitando reazioni “sconsiderate” e lesive.

Ogni post, data la moltitudine di persone che possono visionarlo, può essere paragonato ad una scritta gigante e firmata dal suo autore, collocata nel centro storico di una città affollata…. vale la pena rischiare?


Autore:
Matteo Meroni
Responsabile tematiche legali

Instagram ha recentemente rilasciato un nuovo aggiornamento integrando un filtro ANTI-BULLO con lo scopo di identificare commenti che contengano attacchi all’aspetto fisico/caratteriale di un utente, e minacce alla sua sicurezza.
L'annuncio ufficiale è arrivato ieri direttamente su un post dal co-fondatore e ceo di Instagram, Kevin Systrom.

Come attivare il filtro:
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