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Durante uno degli ultimi incontri con i genitori delle scuole si è riflettuto su come generalmente ci si focalizzi solamente sulla figura della vittima di bullismo e mai sul bullo. Si fanno riflessioni e ricerche sulle caratteristiche della vittima prototipica, delle conseguenze dopo gli episodi e così via ma poco ci si sofferma sul chiedersi chi è il bullo? Che caratteristiche ha? Come si può lavorare con e su di lui in ottica sia preventiva che “riparativa”?

Una riflessione iniziale su questo tema e osservabile sia per il bullismo che per il cyberbullismo, può essere fatta rispetto a due componenti che riguardano ognuno di noi e che in fase di crescita del ragazzo giocano un ruolo fondamentale nelle scelte e negli investimenti su di sé: autostima e concetto di sé.

L’autostima è il valore che noi attribuiamo a noi stessi, alle nostre capacità; il concetto di sé è l’idea, la percezione di noi nei diversi ambiti di vita.

Autostima e immagine di sé quindi influenzano le scelte che facciamo, i comportamenti che abbiamo, gli investimenti che attiviamo su di noi. Diverse ricerche in campo psicologico mostrano come un basso livello di autostima e un concetto di sé negativo portino a sensazioni di inefficacia, inadeguatezza e disinvestimento su di sé. Dal punto di vista opposto un alto livello di autostima e un concetto positivo di sé portano a un maggior investimento e progettualizzazione rispetto a sé e alle proprie capacità.

                    

                        

Anche secondo l'ultimo sondaggio di "Common Sense Media",  la metà dei teenager americani è dipendente dagli smartphone. Questo va a confermare i dati riscontrati durante i nostri INTERVENTI nelle scuole durante il 2015 e 2016.

"La dipendenza da tecnologia - ha spiegato Holland Haiis, esperta del settore, alla stampa - può accadere a tutti. Se i vostri ragazzi preferiscono stare da soli in casa a giocare invece di andare fuori per andare al cinema, incontrare i loro coetanei, allora c'e' un problema". 

Secondo il sondaggio, inoltre, quasi l'80% degli adolescenti dice di controllare il proprio telefono ogni ora, il 72% sente il bisogno di rispondere immediatamente sia a messaggi di testo che su social media. Il 36% dei genitori, invece, dice che ogni giorno discute con i propri figli sull'uso del cellulare.
Da dipendenza da cellulare sono affetti anche i genitori. Secondo quanto riporta la Cnn, il 27% dei genitori sente di avere una dipendenza e quasi la stessa percentuale di figli sostiene che i loro genitori non sono esenti dalla smania di controllare i loro apparecchi.

Fonte: Orizzonte Scuola

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Storia di Andrea, sopravvissuta ai cyberbulli: “Sono loro i veri malati. Io ho scelto la vita”.

«Tutto cominciò con piccole parole, insulse, stupide. Non ci facevo caso, se loro erano cretini non era colpa mia. Era lì che avevo sbagliato, perché tutto comincia con piccole parole, man mano la persona le dà peso, più diventano grandi. Perché mi giudicavano? Loro erano perfetti? Mah, non credo proprio.

nomofobia
[no-mo-fo-bì-a] n.f.

pl. -e
stato ansioso che si manifesta quando non è possibile usare il telefono cellulare (perché è scarico, perché non c’è campo ecc.)

Etimologia: ← comp. di no [telefono] mo(bile) e -fobia.

Diciamo la verità, ne sentivamo veramente la mancanza? Mah forse si!

Da ieri infatti è possibile utilizzare il corsivo, il grassetto e il ̶b̶a̶r̶r̶a̶t̶o̶  nei testi dei vostri messaggi su WhatsApp.

Come farlo? Semplice, basterà seguire quete semplici istruzioni:

SCRIVERE IN GRASSETTO: inserire la parola tra due asterischi.
es. *asterisco*.

SCRIVERE IN CORSIVO: la parola deve essere inserita tra due trattini bassi.
es. _corsivo_

SCRIVERE IN  ̶B̶A̶R̶R̶A̶T̶O̶: inserire la parola tra tilde.
es. ~tilde~

ATTENZIONE: occorre aggiornare all'ultima versione la vostra App sullo smartphone

Sembrano una novità ma la realtà dice che su Telegram tali "trucchetti" esistevano già da un po', su Google Plus già dal 2013 era possibile farlo.

L’effetto dei campi elettromagnetici sul sistema nervoso dei ragazzi secondo uno studio dell’Arpa.

Scambiano commenti su Facebook, messaggi su WhatsApp e pensieri in hashtag. Testa china e pollici sui touch screen. Li chiamano nativi digitali, quei ragazzi nati attorno al 2000 e cresciuti a pane e computer, web, mp3 e smartphone, cellulari intelligenti presenti ormai nelle tasche di quasi tutti gli studenti vercellesi. Lo dice un’indagine di Arpa Piemonte in collaborazione con l’Asl Vercelli e alcuni istituti del capoluogo sull’uso dei telefonini da parte dei giovani. E i risultati attestano un utilizzo smodato e spesso sbagliato, che potrebbe avere conseguenze sulla salute

Lo studio si è svolto nel 2015 sulla base di 482 questionari consegnati in due scuole medie cittadine, Lanino e Avogadro, coinvolgendo ragazzi e ragazze per un’età media di 13 anni. Il 93% ha risposto di avere un cellulare, regalato quasi sempre da genitori (82%) o parenti (14%). Tre quarti degli studenti intervistati ha chiesto espressamente un telefonino a mamma e papà; al 33% il primo smartphone arriva tra le mani tra i 6 e i 10 anni, al 65% tra gli 11 e i 14.  

Fonte: La Stampa (leggi articolo completo)