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Ogni gesto che l’uomo compie è guidato da una motivazione sottostante, da un bisogno che sente, in modo più o meno consapevole. Mangiamo perché abbiamo fame, studiamo perché soddisfa la nostra curiosità, abbiamo relazioni perché abbiamo bisogno di essere parte di qualcosa. Proprio questo ultimo esempio sembra essere la motivazione fondamentale che spinge all’uso dei social netwrok (Ferguson e Perse, 2000; Leung, 2001).
Attraverso la realtà “social” si appaga il bisogno di relazionarsi con gli altri, di sentirsi appartenenti a un gruppo, di essere in relazione. Da diversi studi emerge come questo bisogno si declini in modo differente per le persone estroverse e per le introverse.  Le prime sfruttano la piazza social per migliorare la propria posizione sociale, mentre gli introversi sembra che si avvalgano dei social per colmare quel gap relazionale derivante dalle loro difficoltà di socializzazione (Ross et al. 2009; Correa et al. 2010).

Il social network diventa così un deterrente; una via di fuga per chi, nella vita sociale reale, sperimenta difficoltà di socializzazione, a causa di tratti del carattere, come la timidezza o situazioni d’isolamento sociale (Caretti, La Barbera, 2005). L’utilizzo delle nuove tecnologie e dei social network sembra quindi acquisire una realtà emotiva sempre più complessa e intensa. Si pubblica ciò che piace, che fa stare bene, che dà gioia, felicità e appagamento. Si pubblica ciò che fa soffrire, che esprime la tristezza e il dolore. Si pubblica per sfogo, per sé stessi o per interessare gli altri. Da recenti studi è emerso come questo implichi il fenomeno del “contagio emotivo” per cui influenziamo e siamo influenzati dalle emozioni espresse nei post, tweet o foto social.
Un esempio, sotto gli occhi di tutti, di come può essere pervasivo il contagio emotivo social può essere quello che sta accadendo nella propaganda ISIS.Isis, (Le tecniche psicologiche per reclutare gli italiani, Marco Venturini, Il Fatto Quotidiano).
Un aspetto peculiare del meccanismo di diffusione del terrore e delle modalità di reclutamento adottati dal Califfato è proprio quello di sfruttare il potere emotivo dei media, dei social, la loro immediatezza, la loro pervasività e la loro esponenzialità. Il primo passo è attirare l’attenzione con contenuti virali, che vengano condivisi e che siano dotati di contenuti ad alto impatto emotivo (collera, indignazione), con alto tasso di eccitamento e di provocazione; un esempio sono i video delle esecuzioni.
Questa propaganda attecchisce soprattutto sugli individui più vulnerabili -anche per l’età- nella società, fa leva sulle loro debolezze, sul loro vissuto di emarginazione e attiva in loro un processo di identificazioni con la minoranza che si ribella alla società. Altra tecnica psico-social utilizzata, e che raggiunge anche i ragazzi più “sani”, fa leva sul bisogno di sicurezza e di appartenenza: unico modo per far fronte al senso di impotenza, alla paura e all’insicurezza derivate dal terrore è quello di appartenere ad un gruppo. In questo caso il gruppo salvifico è proprio quello che causa tale quadro di terrore; si attiva quella che è conosciuta come “Sindrome di Stoccolma” che, in questo caso ha una connotazione on-line: il ragazzo davanti alle immagini violente e alle promesse di attentato nella propria città si sente minacciato, il carnefice pur essendo a distanza può in realtà agire proprio sotto casa, il pericolo percepito è dunque vicinissimo e l’unica via d’uscita è di “stare con lui”.
Di fronte a tale stress emotivo il meccanismo di difesa più frequente è la regressione, si fugge nei meccanismi infantili e si diventa maggiormente influenzabili, maggiormente dipendenti da una figura “paterna”, ci si identifica con essa, la si emula: diventa la nostra famiglia.

AUTORE: DOTT.SSA STEFANIA SEDINI

Irritabilità, disattenzione, calo del rendimento scolastico ma anche bullismo. Sono alcune delle conseguenze del rimanere connessi anche di notte. L'esperto di OK Oliviero Bruni spiega i risvolti della mancanza di sonno nei più giovani.

Le nuove tecnologie invadono sempre di più la vita quotidiana di chi le utilizza, soprattutto i giovani. Che cosa sta succedendo?  L’intrusione delle nuove tecnologie come smartphone e ipad è un problema emergente. L’influenza maggiore si ha nella vita dei preadolescenti e degli adolescenti, i cosiddetti “nativi digitali” che sono sempre connessi, giorno e notte. I social network e le relative app, come ad esempio Whatsapp e Facebook, hanno creato una nuova modalità di comunicazione. Un tempo il cellulare aveva la sola funzione di telefono, quelli di nuova generazione hanno varie applicazioni (foto, video, musica) che consentono un utilizzo differente e continuo. Tutto questo ha delle ripercussioni importanti sulla vita dei giovani.

Fonte: OK Salute (Leggi l'articolo completo)

Più tempo si trascorre al cellulare e più si corre il rischio di essere depressi. Lo spiega uno studio della Northwestern University Feinberg School of Medicine.

Si chiama nomofobia, abbreviazione di «no phone fobia»: è il terrore di restare senza smartphone che provoca nervosismo e ansia. Un fenomeno che riguarda sempre più persone nel mondo, così comune da essere stato persino inserito tra i nuovi lemmi dallo Zingarelli 2015.  UN NUOVO STUDIO Una patologia vera e propria? No, gli esperti concordano sul fatto che piuttosto si tratta di una paura non giustificata (una fobia, appunto), ma questo bisogno smodato potrebbe essere un campanello d’allarme. Uno studio condotto dalla Northwestern University Feinberg School of Medicine e pubblicato sul Journal of Medical Internet Research prova infatti che più tempo si trascorre con lo smartphone e più probabilità ci sono di essere depressi.

I ricercatori sono arrivati a queste conclusioni monitorando per due settimane il comportamento di 28 pazienti, tenendo sotto controllo il tempo trascorso da ciascuno navigando con il cellulare e il Gps dei dispositivi (che consente di capire se una persona si sposta poco e quindi si isola, come fa tipicamente chi soffre di disturbi di questo tipo).

Leggi l'articolo completo.

Fonte: Vanity Fair

Abbiamo parlato più volte del pericolo dei #selfie ma ecco esplodere un nuovo fenomeno: il DAREDEVIL SELFIE.

Consiste nello scattare selfie in situazioni sempre più estreme. In due anni più di 20 persone sono decedute tentando di scattarsi un selfie in situazioni estreme.

ECCO ALCUNI ESEMPI:

  • Taranto, sedicenne scivola dal parapetto del lungo mare mentre cerca di farsi un selfie. La ragazza a causa della caduta sulla scogliera sottostante è deceduta in ospedale.
    Fonte: TGCOM, giugno 2014
  • Un turista tedesco di 62 anni ha perso la vita  su un impianto sciistico del Trentino cercando di farsi un selfie durante la salita sullo skilift; ha perso l’equilibrio ed è precipitato per circa 200m.
    Fonte: Il Giornale, Aprile 2015
  • Tre studenti universitari di Nuova Delhi sono morti fra le rotaie mentre cercavano di fotografarsi il più vicino possibile al treno in arrivo.
    Fonte: Il Messaggero, Gennaio 2015

  • Una giovane studentessa 23enne muore perdendo l'equilibrio nel tentativo di scattarsi un selfie e precipitatando giù, da un'altezza di circa 7 metri.
    Fonte: Il Messaggero, Novembre 2014

  • Vuole scattare un selfie estremo ma ora lotta per la vita in ospedale. Una 21enne stava facendo un autoscatto con una pistola puntata alla tempia, ma l'arma era carica e per errore le è partito un colpo.
    Fonte: Leggo.it, Maggio 2015
  • A San Pietroburgo, per scattare un selfie muore una ragazza di 17 anni. L’adolescente, è morta cadendo da un ponte ferroviario di 30 metri mentre tentava di scattare un selfie precipitando in acqua.
    Fonte: Il Mattino, Aprile 2014

Questo fenomeno si unisce al fatto di tutti quegli incidenti dovuti alla distrazione causata dall'utilizzo dello Smartphone in situazione che meriterebbero molta più attenzione (es. guida dell'auto)

ALCUNI ESEMPI:

  • Scatta un selfie, poi si schianta con l'auto: ragazza-madre muore al suo addio al nubilato.
    Fonte: Il Messaggero, Giugno 2014
  • Si riprendono in auto mentre cantano, poi lo schianto in diretta. Perdono il controllo dell'auto proprio mentre stanno registrando le loro performance canore con un selfie stick.
    Fonte: Corriere.it - Sotto il Video


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L’ha corteggiata, conquistata su una chat di incontri, e quando ha ottenuto delle foto “intime”,  l’ha ricatta. Colto in flagranza, è stato arrestato ieri dai carabinieri di Seregno a Carate Brianza.

Un cliché quasi scontato, l’annoiato giovanotto che si mette a far lo splendido con una donna più grande, magari in cerca di un nuovo amore, e che poi si diverte ad umiliarla pretendendo soldi di cui non ha bisogno, per non pubblicare le immagini in rete. Peccato però, che all’anonimato della rete (a cui comunque le forze dell’ordine arrivano lo stesso) ha sostituito il cellulare con gli sms, fin quando non l’hanno beccato.
Il triste teatrino messo in piedi da un 33enne professionista ha avuto luogo a Carate Brianza, dove il signore nascosto dal suo pc ha persuaso una quarantacinquenne conosciuta in chat e corteggiata per giorni, ad inviargli alcuni scatti “privati”. Ricevute le immagini l’uomo ha iniziato a minacciarla via sms “pagami o le metto in rete”.

Fonte: MB News (Leggi l'articolo completo)

Tante volte si sente parlare si Generazione Y o di Millennials ma CHI SONO veramente?

Con il termine Generazione Y, (conosciuta anche Millennial) si definisce così la generazione del nuovo millennio, sono le persone nate tra gli anni ottanta e i primi anni duemila, non si sta parlando quindi di solo di nativi digitali ma anche di immigrati digitali.

La generazione Millennium, rispetto a quelle precedenti, è sempre aggiornata sulle novità informatiche e tecnologiche, la televisione è stata sostituita dai media digitali e da una accresciuta attività online.

A volte la Generazione Y può essere chiamata Net Generation, definizione importante infatti da questo si capisce che si tratta della prima che affronta il mondo ad una velocità diversa, quella del web.

E tu in quale GENERAZIONE appartieni?

  • BABY BOOMERS - nati tra 1946 e il 1964
  • GENERAZIONE X - nati tra 1965 e il 1980
  • GENERAZIONE Y  (Millenials) - nati tra 1981 e il 1995
  • GENERAZIONE Z  (Post-Millenials) - nati dal 1995

autore: Andrea Massa