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Anche in assenza di "atti di contatto fisico'', se la condotta di un presunto pedofilo e' ''oggettivamente idonea a violare la liberta' di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale'' e c'e' ''l'intenzione di raggiungere l'appagamento dei propri istinti sessuali'', si configura il reato di tentata violenza sessuale. Per questi motivi il gup di Milano Maria Grazia Domanico ha condannato a 3 anni di reclusione un maresciallo dell'esercito, arrestato nel marzo 2011 per aver adescato su Facebook una ragazzina di 12 anni, che era stata compagna della figlia, cercando di portarla a casa sua.
L'uomo venne bloccato dalle forze dell'ordine che, avvertite dai genitori, avevano organizzato una 'trappola': infatti, l'uomo e' stato fermato mentre la ragazzina stava per salire in auto, dopo che lui aveva fissato con lei un appuntamento. Il procuratore aggiunto di Milano Pietro Forno e il pm Giancarla Serafini avevano sostenuto che far salire in macchina una minore, che non ha ancora compiuto i 14 anni, dopo averla adescata con lusinghe, cosi' come ha fatto il militare configura il reato di tentata violenza sessuale.
Il giudice, che ha emesso la condanna nell'ottobre scorso, si richiama ad una sentenza della Suprema Corte del 2005 che, in sostanza, riconosce lo stesso principio. Facendo poi riferimento al caso specifico, il magistrato spiega che ''se, accanto alla richiesta esplicita di avere un rapporto di evidente natura sessuale, l'autore concorda con la vittima un incontro e poi a tale incontro effettivamente si recano entrambi, e se l'autore va all'incontro anche armato di un coltello (come e' stato trovato addosso al militare, ndr) e se entrambi stanno per salire in macchina nel momento in cui vengono bloccati dai carabinieri, tale condotta'' e' tentata violenza sessuale. ''
Oltre tale condotta vi e' infatti - conclude il giudice - solo la consumazione del reato''.


Fonte: Libero 12/01/2012

Il Centro di Ricerca Innocenti dell’UNICEF ha presentato oggi il rapporto “Children Safety Online - Global Challenges and Strategies" (La sicurezza dei bambini online: sfide globali e strategie) per una migliore comprensione delle opportunità e dei rischi che incontrano i ragazzi e i giovani navigando in Internet.

«La rapida crescita del mondo online ha ampliato i rischi di reato di abuso e sfruttamento sessuale per i bambini» ha affermato il direttore dell’Ufficio di Ricerca UNICEF, Gordon Alexander. «Dobbiamo esserne consapevoli e adottare misure più adeguate, rispettando i diritti dei bambini di esplorare l’ambiente online e sfruttare le potenzialità offerte dalla tecnologia.»

«In Brasile, ad esempio» ha aggiunto Alexander «il numero di bambini sopra i 10 anni connessi ad Internet è aumentato del 75% in tre anni, mentre in Nepal nel 2009 l’80% degli adolescenti usano il web.
L’Africa Subsahariana è ancora indietro, con un utilizzo di Internet dell’11%, ma la crescita è stata esponenziale soprattutto grazie agli Internet point e ai telefoni cellulari.»


Responsabilizzazione e protezione

Dall’analisi - realizzata in collaborazione con il Child Exploitation and Online Protection Centre (CEOP) nel Regno Unito - oltre ai vantaggi in termini di educazione, socializzazione ed intrattenimento del mezzo online, sono emerse quattro linee guida per proteggere gli adolescenti e i bambini  dai pericoli collegati soprattutto a immagini pedo-pornografiche, adescamenti on line e bullismo e per creare un ambiente più sicuro per i bambini in rete:

  • responsabilizzazione dei bambini per proteggersi
  • rimozione delle impunità per chi commette abusi
  • riduzione della disponibilità e della possibilità di accedere in rete a situazioni di rischio protezione e supporto per le vittime.

La responsabilizzazione dei minori è fondamentale nell’affrontare il problema dei rischi posti dalla rete. I ragazzi in genere sono molto più esperti nella navigazione rispetto ai loro genitori e insegnanti, ed hanno una diversa percezione dei rischi rispetto agli adulti, i quali spesso hanno una familiarità limitata con le nuove tecnologie.

I telefoni cellulari e le webcam sempre più a buon mercato rappresentano adesso i canali favoriti di accesso ad Internet  per i bambini, ma anche ulteriori opportunità per i pedofili.

Legislazione ancora insufficiente
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Dal punto di vista legislativo, leggi su scala globale sarebbero un importante elemento di protezione. A livello nazionale però, l’attuazione delle stesse norme in molti Stati è stata lenta ed anche laddove un decreto legge è stato emanato spesso ne è mancata l’armonizzazione fra Paesi, in particolare su questioni come la definizione di “bambino”, o di pornografia.

Dei 196 paesi esaminati, solo 45 hanno una legislazione sufficiente a combattere i reati di abusi delle immagini di bambini.

La rimozione dell’impunità dei violentatori dovrebbe essere uno degli obiettivi di maggiore attenzione, particolarmente per la difficoltà legata alla natura sovranazionale dei reati commessi in rete.

Il ruolo degli adulti

Accanto a interventi di tipo legislativo, anche genitori, insegnanti, operatori sociali e polizia devono svolgere un ruolo importante nel sostenere gli sforzi dei bambini per proteggere se stessi.

L’industria e il settore privato hanno anch’essi un ruolo fondamentale nella rimozione di materiali offensivi dai server e nel fornire hardware e software a misura di bambino che consentano di bloccare o filtrare le immagini offensive.

Pedo-pornografia, la censura del web è impensabile

Nel solo 2010, su scala globale, la Internet Watch Foundation ha identificato e intrapreso azioni contro 16.700 casi di contenuti web inerenti abusi sessuali su minori.

L’età delle vittime è sempre più bassa, il 73% sembra essere sotto i dieci anni, mentre le immagini sono sempre più vivide e violente.

Le cifre dimostrano l’enormità della sfida, ma il rapporto è pragmatico: «È impossibile eliminare tutti i rischi presenti sul web. È uno spazio troppo grande, per natura non controllato, in continua evoluzione e sempre più creativo per essere soggetto al tipo di misure necessarie per proteggere completamente i bambini.

Né è auspicabile una linea di intervento di questo tipo, perché un controllo totale della rete distruggerebbe l’essenza di Internet e i suoi numerosi vantaggi.»

Fonte: Unicef 13 Dicembre 2011

L'uomo adescava i minorenni su Facebook e li pagava con ricariche e vestiti. L'indagine è partita dopo la denuncia di una mamma padovana. Venti i casi accertati
PADOVA - Sarebbero una ventina i ragazzini, tra i 15 e i 17 anni, sugli oltre 50 contattati, con i quali l'imprenditore vicentino arrestato oggi per pedofilia dalla squadra mobile di Padova avrebbe avuto rapporti sessuali.

L'uomo, A.B., 56 anni, di Vicenza, è titolare di una fabbrica che produce componentistica elettronica alla periferia della città berica. L'indagine è iniziata 6 mesi mesi, fa quando una mamma padovana ha scoperto su un social network condiviso dal figlio quattordicenne messaggi inequivocabili.
La polizia ha pedinato e intercettato telefonicamente l'indagato, scoprendo che si incontrava solo con ragazzi (e non anche ragazzine, come appreso in un primo momento) con i quali si appartava nella sua macchina, anche nei pressi dei caselli autostradali, e nelle abitazioni dei giovanissimi quando i genitori erano assenti.
Considerata la confidenza che l'uomo aveva con le vittime, la polizia ritiene che i contatti andassero avanti da diverso tempo. Coinvolti adolescenti delle province di Treviso, Padova, Venezia, Brescia e Vicenza, ai quali venivano offerte oltre a ricariche telefoniche, somme in denaro dai 25 ai 50 euro e, in alcuni casi, telefoni cellulari o qualche capo d'abbigliamento. Il capo della squadra mobile di Padova, Marco Calì, ha lanciato l'invito ai genitori a condividere con i figli le password e gli accessi ad internet, soprattutto quando sono in età adolescenziale, «per evitare spiacevoli incontri e di essere trascinati in percorsi pericolosi». Il provvedimento restrittivo è stato emesso dal gip di Venezia, su richiesta del pm lagunare Giovanni Zorzi.

Fonte: 08 novembre 2011 Redazione online [Corriere della Sera]

E' stato uno dei ragazzi aggrediti a scoprire la pagina web di uno dei responsabili. Anche ragazze nel gruppo
MILANO - Picchiavano, rapinavano e minacciavano i coetanei di un intero quartiere, per poi vantarsi su Facebook delle loro imprese.

I carabinieri della stazione Gratosoglio, estrema periferia sud del capoluogo lombardo, hanno eseguito mercoledì due ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di due italiani incensurati di 15 e 16 anni, autori di almeno quattro rapine consumate tra le strade del proprio quartiere nel gennaio e febbraio scorso. Un 13enne, che agiva insieme ai due destinatari delle ordinanze, è stato segnalato al Tribunale dei Minori.
I militari hanno anche denunciato a piede libero altri 15 giovani incensurati italiani tra i 15 e i 16 anni, tra cui 5 ragazzine, responsabili in un totale di 40 episodi di bullismo, per i reati di lesioni personali, violenza privata e rapina. I carabinieri hanno precisato che i ragazzi coinvolti da queste bravate sarebbero almeno una cinquantina, tra cui anche svariate ragazze.

IL SOPRANNOME RIVELATORE - E' stato proprio uno dei ragazzi rapinati a dare il via alle indagini: è stato lui a fare ricerche su Facebook fino a quando ha trovato il profilo di uno dei «bulli» che lo avevano aggredito un mese prima, soprannominato «Diabolik». È così emerso uno scenario inquietante: decine di ragazzi tra i 13 e i 17 anni che si vantavano delle rapine postando messaggi sul social network, che inneggiavano a boss come Totò Riina e «Il Barone» di Cosa Nostra Salvatore Lo Piccolo, che frequentavano molto poco gli istituti scolastici in cui erano iscritti e che davano vita a continui episodi di bullismo e violenza privata. I due ragazzi arrestati sono accusati di rapina, lesioni personali e violenza privata per quattro episodi avvenuti tra gennaio e febbraio di quest'anno. I messaggi su Facebook non lasciavano dubbi: «Oggi lo abbiamo pestato di brutto», «Siamo i numeri uno», «Distruggiamo tutto», scrivevano i «bulli». I ragazzini lanciavano anche insulti alle forze dell’ordine («Sbirri maledetti, se vi acchiappo vi distruggo»). Tra i loro idoli c’era anche il fotografo Fabrizio Corona, già al centro delle cronache per il caso Vallettopoli e altri episodi violenti.
IL PUGNO ALL'OCCHIO - Il 16enne detto «Diabolik» è stato indagato anche per lesioni gravi ai danni di un 17enne per avergli fratturato l’orbita oculare con un tirapugni, lo scorso febbraio in piazza Abbiategrasso. La vittima, ricoverata con una prognosi di 35 giorni e costretta a subire un intervento con applicazione di protesi all’occhio, era stata colpita soltanto per essersi rifiutata di consegnare l’ipod. «Ha reagito e l’ho mandato in ospedale», aveva scritto «Diabolik» su Facebook. Lo stesso 16enne è protagonista del primo episodio riportato nell’ordinanza firmata dal gip, Sara Gravagnola, su richiesta del pm, Poli, e risalente allo scorso gennaio in via Saponaro. In quella occasione tre minorenni che avevano bigiato la scuola erano stati avvicinati alla fermata del tram dal 16enne armato di coltello, in compagnia del 15enne e il 13enne, e costretti a consegnare soldi e cellulare. I 15 indagati agivano in gruppi separati e non legati tra loro, se non per alcune conoscenze in comune. Il gruppo di 5 ragazze era solito prendersela con le coetanee, che venivano picchiate e in alcuni casi rapinate.

Fonte: 07 settembre 2011 Redazione online [Corriere della Sera]

Foto dei prof con insulti su Facebook - sospesi dieci studenti di scuola media.

L'episodio è avvenuto a Codogno, nel Lodigiano, e gli scatti che ritraevano i docenti erano finiti su una pagina visibile a tutti. Per il momento, dice la preside, non è scattata alcuna denuncia
Hanno fotografato tre insegnanti e poi hanno pubblicato le immagini corredate di insulti su Facebook in una bacheca aperta a tutti.
Per questo motivo alle scuole medie Ognissanti di Codogno, in provincia di Lodi, dieci studenti sono stati sospesi a vario titolo.
Tutto è successo nelle scorse settimane ed è stato scoperto perché qualcuno tra i ragazzi ha parlato e la vicenda ha fatto il giro della scuola, fino a giungere alle orecchie della dirigente scolastica.
Immediata la convocazione dei genitori degli alunni in questione da parte della dirigente scolastica, Maria Rapelli, insegnante da quarant'anni. Che ora spiega:"Questo è successo perché i nostri ragazzi sono buttati alla mercè della tecnologia senza nemmeno conoscerla adeguatamente". Sospensioni sì, quindi, ma per ora nessuna denuncia.

Fonte: La Repubblica (08 Giugno 2011)

Il «branco» composto da 8minorenni, dai 14 ai 16 anni: hanno organizzato un raid punitivo collegandosi su Fb
PALERMO - Otto minorenni, di età compresa tra i 14 e i 16 anni, sono stati denunciati per atti di bullismo dai carabinieri: sono accusati di lesioni personali e atti persecutori aggravati.

I ragazzi, che frequentano la stessa classe di un Istituto tecnico a Palermo, sono stati sospesi per 20 giorni: uno di loro ha cambiato istituto mentre un altro si è ritirato. La vittima è un ragazzo di 13 anni preso di mira dai «bulli», e rimasto traumatizzato per le continue molestie verbali e le aggressioni fisiche tanto da dovere fare ricorso agli psicologi.
Il tredicenne, che frequenta il primo anno, dopo un primo trimestre di buoni risultati scolastici ha cominciato a manifestare insofferenza verso la scuola e spesso faceva in modo di saltare le lezioni.
Un atteggiamento che ha insospettito i genitori che hanno chiesto l’aiuto degli insegnanti per capire cosa stesse accadendo.
I carabinieri hanno accertato che il ragazzo era stato preso di mira da altri otto ragazzi che frequentavano l’Istituto e che lo prendevano in giro, lo colpivano con gli zaini, gli lanciavano contro libri o lo spintonavano nei corridoi.
Le molestie proseguivano anche fuori dalla scuola, in particolare su Facebook, dove lasciano messaggi del tipo «cosa inutile... tu non conti niente... tu non puoi parlare... non ci accorgiamo nemmeno delle tua presenza». Le vessazioni sono sfociate in violenza fisica lo scorso 22 gennaio, quando il tredicenne è stato aggredito a calci, pugni e lancio di oggetti nello spogliatoio della palestra e poi condotta nell’ospedale Buccheri La Ferla dai genitori. In quella occasione gli aggressori erano stati sospesi dalla direzione scolastica per qualche giorno dalle lezioni. I carabinieri hanno scoperto che l’aggressione era stata organizzata su Facebook e via sms.

Fonte: 16 aprile 2011 Redazione online [Corriere della Sera]